CA’ DARIO, LA CASA MALEDETTA CHE SOPPRIME I SUOI PROPRIETARI

di Roberto Fiordi

A Venezia esiste un maestoso ed elegante palazzo in stile tipico veneziano, conosciuto con il nome di “Ca’ Dario“. Su di esso graverebbe da secoli una perfida maledizione: si dice infatti che chiunque lo acquisti lo paghi con la propria vita.

 

La storia della maledizione sul conto del Palazzo sembra che non nasca da banali credenze popolari, ma che sia legata ad autentici fatti del suo passato che abbiano fatto in modo che gli venisse aggiudicata questa pessima reputazione. Secondo quanto vien narrato sul suo conto, infatti, chiunque ne faccia l’acquisto, o sia intenzionato a farlo, pare che nel giro di poco tempo andrebbe incontro alla morte. 

Allo stato attuale il palazzo veneziano, situato nel sestiere di Dorsoduro, che si affaccia sul Canal Grande, appartiene a una multinazionale americana. C’è chi si chiede per quanto possa durare, non solo considerando l’attuale situazione di crisi finanziaria che è in corso a livello generale, ma soprattutto perché in passato alcuni dei suoi ex acquirenti (tutti molto ricchi) sono stati colpiti da pesanti crolli finanziari che li hanno portati alla rovina. In ogni modo le storie che girano attorno a questo maestoso edificio non sono per nulla rassicuranti.

La pessima fama di casa maledetta che il Palazzo si è costruito fino a oggi, pare sia partita dal XIX secolo; ma le storie che vanno ad annidarsi attorno a esso, e a compromettere la sua reputazione, hanno tempi molto più lontani.

La sua edificazione fu commissionata all’architetto Pietro Lombardo, nel 1479, dal segretario del Senato della Repubblica di Venezia, Giovanni Dario, come dote nuziale per la propria figlia Marietta, promessa sposa a un ricco mercante di spezie, Giacomo Barbaro.

Quindici anni dopo Giovanni Dario morì e il palazzo passò in successione alla figlia Marietta, che nel frattempo si era maritata con il ricco mercante di spezie; che di lì a poco, però, subì un disastroso tracollo finanziario e morì accoltellato, probabilmente per mano di un suo creditore. La donna, a seguito di una forte crisi depressiva legata a tutte le disavventure che le erano piovute addosso, non ce la fece a superare la disperazione e si suicidò.

Subentrò alla Casa il figlio Vincenzo Barbaro, il quale venne poi trovato morto a Creta dopo essere rimasto vittima di un agguato, del quale gli assassini non sono mai stati scoperti.

Nel corso degli anni Ca’ Dario si è costruita la pessima nomea, che tutt’oggi si porta dietro. Pare addirittura che molti veneziani si tengano alla larga dal palazzo, si dice infatti che sia abitato dai fantasmi dei precedenti proprietari.

Ci sono varie ipotesi che girano attorno alle cause della sua maledizione, c’è chi sostiene che sia stato fatto costruire sopra un cimitero dei templari; altre ipotesi asseriscono che Ca’ Dario sia influenzata dal talismano volto ad allontanare le negatività, posto sul portone del palazzo accanto. Verità o dicerie, pare però che nell’ ‘800 ci sia stata una raffica di acquirenti del palazzo, ciascuno dei quali deceduto ancora prima di finirne il pagamento o subito dopo averlo fatto. Una catena di morti che ha portato la gente a riflettere.

È nella natura umana lasciarsi affascinare da questioni oscure e inquietanti, e allo stesso modo sta nello spirito delle persone andare a indagare su argomenti che hanno a che fare con l’oltretomba e far uscire per diletto storie occulte inverosimili, che niente hanno a che vedere con la realtà. Ma su Ca’ Dario, se andassimo ad analizzare da vicino i passaggi di proprietà della casa che ci sono stati e le conseguenze postume che sono accadute agli acquirenti, ci accorgeremmo che qualcosa di sinistro sotto molto probabilmente ci deve essere. Qualcosa di soprannaturale. È difficile collocare tutte le vicende a semplici coincidenze.

Ca’ Dario rimase di proprietà del casato Barbaro sino agli inizi del 1800, fino a quando cioè il membro dell’ultimo Consiglio dei Dieci della Repubblica di Venezia e Consigliere Aulico del Tribunale Supremo di Verona, Alessandro Barbaro, non la vendette a un facoltoso commerciante armeno di pietre preziose, Arbit Abdoll; al quale, però, il tempo non dette modo di godersi la casa giacché nel giro di poco subì un tragico fallimento che lo condusse alla morte.

L’acquisto dell’edificio fu fatto poi da uno scienziato inglese di nome Radon Brown, ma anch’egli nel giro di poco tempo fu costretto a rivenderlo per mancanza di denaro e poco tempo dopo morì misteriosamente assieme al coinquilino. L’ipotesi più accreditato resta quella del suicidio comune.

Subentrò all’acquisto del palazzo l’americano Charles Briggs, omosessuale fuggito dagli Stati Uniti con il proprio amante perché al suo paese l’omosessualità era fuorilegge. Anche questi, a Venezia, non ebbe molto sfogo perché arrivò a suicidarsi con il fidanzato.

Nel 1899 prese dimora a palazzo il poeta francese Henry De Regnier. Questi visse da ospite all’interno di Ca’ Dario sino al 1901, fino a quando sopraggiunse una grave malattia che lo uccise.

Nel periodo degli anni ’70 a fare l’acquisto del palazzo fu Filippo Giordano delle Lanze, il quale fu poi ucciso dall’amante, un ragazzo 18enne, che gli ruppe in testa una statua. Il giovane fuggì poi in Inghilterra, ma fu lì che anch’egli incontrò la morte per mano di sconosciuti.

Dunque Ca’ Dario passò nelle mani di Christopher “Kit” Lambert, manager del gruppo rock “The Who”. Il destino del manager del gruppo rockettaro non modificò la tradizione del Palazzo, morì cadendo dalle scale di casa, ma s’ipotizza al suicidio.

Agli inizi degli anni ’80 un veneziano uomo d’affari, Fabrizio Ferrari, acquistò Ca’ Dario e si trasferì lì assieme alla sorella Nicoletta, la quale nel giro di poco tempo morì in un incidente stradale. Lui, invece, non passò molto tempo che fu coinvolto in un crack finanziario e fu pure arrestato con l’accusa di aver picchiato una modella.

Alla fine degli anni ’80 l’edificio passò nelle mani di Raul Giardini, che voleva concederlo in dono alla figlia. Ma la nuvola della maledizione si posizionò anche sopra la sua testa, perché nel giro di breve tempo si ritrovò coinvolto in grossissime perdite finanziarie. Anch’egli morì suicida, sparandosi in circostanze non molto chiare. Fu ritrovato morto nella sua casa di Milano il 23 luglio del 1993.

Mario del Monaco, l’illustre tenore fra i più rappresentativi e popolari degli anni 50 e 60, avrebbe voluto fare l’acquisto della “casa maledetta“, come viene considerata, ma un incidente stradale, mentre appunto stava dirigendosi a stillare il contratto, lo fece rinunciare. Sopravvisse per miracolo, ma da allora dovette rinunciare per sempre alla sua carriera .

Pare chiaro dunque che, se Palazzo Dario non è visto di buon occhio da chiunque conosca – anche solo in parte – la sua storia, dietro a tutto ciò ci sono ottimi motivi; e per di più, a prescindere da qualsiasi diceria o ipotesi che possa essere, ci sono testimonianze che raccontano di avere avvertito una strana inquietudine dopo esserci entrati dentro.