ANNAMARIA BRACCI LA DODICENNE UCCISA E POI GETTATA IN UN POZZO

Annamaria Bracci era una bambina che abitava in un quartiere di Roma chiamato Primavalle. Si trattava di un quartiere degradato alla periferia della Capitale. La bimba condivideva l’abitazione con la madre e molti fratelli. Il padre viveva altrove perché separato dalla moglie, la quale, date le condizioni economiche della famiglia, riscuoteva i soldi svolgendo soprattutto il lavo di strada. Alcune volte riusciva a guadagnare qualche lira in più ricevendo i clienti a casa, sotto gli occhi della figlia. 

Ci troviamo nei freschi periodi dell’immediato dopoguerra, quando Primavalle era un quartiere povero e dimenticato, assente di urbanizzazione. In esso si ammontavano scantinati e case popolari. Non esistevano  servizi pubblici. Era l’anno 1950 quando la piccola Annamaria, chiamata da tutti Annarella, uscì di casa per andare a comprare il carbone e non vi fece più ritorno.

Annarella era una bambina bruna, con i capelli dal taglio corto sulla testa, che assieme alla famiglia viveva di stenti. È forse questa la ragione per cui nei suoi profondi occhi scuri era facile leggere tanta tristezza.Tuttavia, per la stessa ragione, era una bambina molto più matura di tante altre della sua età. I suoi 12 anni la costringevano ad aiutare nei lavori domestici, compreso il dover andare a fare la spesa, che ne è stato il suo destino.  

Si trattava di una bambina molto sveglia, che aveva imparato a cavalcare da sola le difficoltà della vita, viste le circostanze di una madre che doveva porre attenzione a un esercito di figli. E quel tardo pomeriggio del 18 febbraio 1950 fu la sua maledizione. Da bambina molto ubbidiente diede ascolto alla madre e uscì di casa con una busta di tela in mano e una bottiglietta d’acqua vuota per andare a comprare del carbone e a chiedere un po’ d’olio alla vicina.

Quella sera la piccola Annamaria scomparve, ma la denuncia esposta dalla madre alla polizia non fu subito presa tanto in considerazione. Nessuno di loro si occupò di quella scomparsa per almeno 6 giorni. Fu verso il 24 o il 25 dello stesso mese che le forze dell’ordine si mossero, spinte soprattutto dalla pressione dai mass-media e dall’opinione pubblica. Ci fu addirittura un ricco barone che, colpito dall’avvenimento, promise una somma di 300mila lire a chiunque avesse ritrovato la bambina.

Nel frattempo i rastrellamenti da parte delle forze dell’ordine si erano intensificati, e fu il 3 marzo che il corpo della piccola Annarella venne ritrovato dentro a un pozzo profondo 13 metri, posto in aperta campagna fra via Torrevecchia e l’attuale via Logoleto. Il corpo privo di vita della bambina si presentò agli occhi dei ricercatori senza gonna e mutandine, con una profonda ferita d’arma da taglio alla testa. Oltre a ciò, e malgrado la giovane età, pare dalle prime autopsie che portasse anche segni di tentata violenza sessuale.

Le rivelazioni rilasciate dal nonno della piccola che dicevano di averla sognata dentro a un pozzo, fecero calare i sospetti degli investigatori su di lui; ma solo per pochissimo tempo, in quanto una testimonianza rivelò di avere visto, la sera della scomparsa, la piccola Annamaria seduta su un muretto che mangiava castagne in compagnia di un uomo di nome Lionello Egidi, amico di famiglia e presunto amante della madre di Annarella, Marta Fiocchi. Un uomo sposato e padre di 2 figli. 

Lionello Egidi, conosciuto anche con l’appellativo il Biondino di Primavalle, fu fermato e tenuto in galera sette giorni. La detenzione a questo signore costò molto cara, fu massacrato di botte, al punto che quando uscì di prigione aveva il volto così tumefatto che neppure i suoi familiari furono in grado di riconoscerlo.

Dinanzi al giudice, il Biondino di Primavalle, avrebbe detto: «Sì, ho ucciso io Annamaria Bracci», una confessione lampante, che non poteva dare ombra di dubbio sul colpevole di questo omicidio. Il Biondino di Primavalle aveva confessato il delitto della piccola Annarella, era reo confesso; ma forse non era questa la giusta verità.

Da dopo l’arresto di Lionello Egidi e la sua prima confessione, la figura del Biondino di Primavalle tutt’oggi continua a vivere come fosse la leggenda del Lupo Mannaro fra i quartieri popolari di Roma. Le persone – ancora oggi – quando sentono parlare del Biondino di Primavalle, cambiano espressione in viso. Stessa cosa vale per chi volesse mettere in allerta una bambina, dopo quanto accaduto alla piccola Annarella, le direbbe: «Non andare con uno sconosciuto che se no fai la fine di Annamaria!».

Ma Lionello Egidi non era una persona sconosciuta alla famiglia, anzi, in più occasioni aveva persino aiutato la famiglia stessa. Era amico da sempre della piccola Annamaria, e quando lei gli chiedeva un cartoccio di castagne lui glielo dava. E in fin dei conti quello è stato l’unico indizio ad aver condotto l’uomo in carcere. 

Ma di fronte al pm Lionello ritrattò tutto. «Sono stato costretto a fare quella confessione perché sennò non smettevano di darmi pugni», avrebbe detto; e a dimostrazione della sua verità esibì gli occhi gonfi e le labbra spaccate. Altresì, il giornale Il Tempo di allora scrisse : “Annamaria era pura, era innocente nei sentimenti ed è morta per rimanere incontaminata”, a indicare che la bambina non aveva subito alcuna violenza. 

Il 18 gennaio del 1952 fu così assolto. Ma dovette far poi ritorno in carcere, e questa volta per ben 3 anni e mezzo, in quanto a una festa sull’Appia Antica aveva molestato una bambina. E nel 1955, al secondo grado d’Appello per il delitto della piccola Annamaria Bracci, fu condannato per omicidio a 26 anni e 8 mesi di carcere.

Sarà quindi il 14 dicembre 1957 che verrà definitivamente assolto al terzo grado di giudizio: il fatto non sussite. L’avvocato di  Egidi, in quella sede giudiziaria, aveva dimostrato che il giudizio d’Appello sul suo cliente era stato fortemente influenzato dalla condanna ricevuta per molestie compiute dall’imputato sulla bambina incontrata alla festa sull’Appia Antica.

Dopo 4 anni, però, Egidi si trova nuovamente in aula di tribunale per ricevere la condanna a 5 anni di reclusione per avere molestato un ragazzino; ma se per queste vittime si può dire che giustizia sia stata fatta, lo stesso non possiamo dire per la piccola Annarella.