CUORE INFRANTO. SPACCATURA NEL PD. PARLANO DI SCISSIONE MA SEMBRA PIÙ UNA GUERRA

di Roberto Fiordi

Divorzio in casa Pd. Dopo l’assemblea tenutasi ieri le strade fra i renziani e quelli dell’area che viene definita la “minoranza del Pd” sembrano dividersi. Ex Dc ed ex Pci sembrano tornare alle loro radici.

Il matrimonio fra Dc e Pci all’interno di quel partito che in più volte ha cambiato nome ma mai aspetto, sembra essersi concluso. Gli ex democristiani di Matteo Renzi e gli ex comunisti di Pier Luigi Bersani, ieri si sono sfidati a duello. Un’estenuante spadaccino conclusosi senza né vinti, né vincitori. Anzi, hanno perso tutti perché il Partito spaccandosi in modo così letale non ha fatto che innalzare su di sé una lapide di marmo.     

Già una settimana fa, Pier Luigi Bersani era andato duro nei confronti del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi: «Il problema è se siamo il Pd o il Pdr: il Partito di Renzi. Io da Renzi non mi aspetto nulla, ma chi ha buon senso ce lo metta, perché siamo a un bivio molto serio». E poi ieri al convegno la spaccatura fra i 2 poli all’interno del Pd.

L’ex segretario non fa sconti su quello attuale e gli rinfaccia di aver “innalzato un muro” fra di loro e che attenderà la sua replica per prendere le proprie decisioni.

Ancora più decise sono le parole di Enrico Rossi, che conferma quelle del compagno di partito Bersani sull’innalzamento del muro da parte di Renzi, ma aggiunge anche che per loro sono maturi i tempi per formare una nuova area.

Di diverso auspicio sono le parole di Michele Emiliano, che pare certo di poter ritrovare l’unità all’interno della loro casa. «[…] Siamo a un passo dalla soluzione», ha detto. «Un piccolo passo indietro consentirebbe a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l’orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno». E prosegue chiedendo al segretario di accogliere un’ultima mediazione.

Le sue, però, pare siano state parole cadute nel vuoto, come ha affermato lo stesso Emiliano, dopo che lui, Rossi e Speranza, in serata hanno rotto gli indugi sostenendo in una dichiarazione congiunta scritta: “Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima“.

La Risposta da parte della maggioranza del partito, però, non si è fatta attendere, ed è stato Lorenzo Guerini a controbattere:«La scela era già stata fatta, peccato».

Renzi nel suo discorso iniziale è parso che volesse essere un po’ più cauto:«Fermiamoci e ripartiamo, la scissione non ha senso». Pareva intenzionato a fare anche lui un passo indietro, ma poi è di nuovo ripartito all’attacco contro la minoranza del Pd: «Scissione è una brutta parola, ma peggiore c’è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito sulla base di un diktat di una minoranza». Dice che non è accettabile, ma dovrà rassegnarsi a farlo. E ha voluto sottolineare che così facendo non fanno che fare un regalo al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

L’attuale segretario invita tutti i suoi compagni di partito a discutere, ma la scelta giusta – secondo Renzi – sarebbe quella di discutere sì all’interno del partito e che ognuno debba sentirsi libero di dire la propria opinione ma senza doversi lamentare continuamente e fare in modo di far nascere sempre e ovunque solo contrasti che blocchino il partito a scapito del Paese e dei cittadini. Il partito – prosegue a dire sempre il leader del centrosinistra – ha bisogno di camminare e di non fermarsi e questo per il bene dell’Italia.

Tuttavia anche lo striscione portato dai Giovani democratici del II Municipio di Roma davanti all’hotel Parco dei Principi dove si è tenuta l’assemblea nazionale del Partito democratico non sembra aver influito sulla scelta all’interno del partito per la scissione.