STORIA DI UNA RAGAZZA MADRE

Non so come mai, ma sento come la necessità di sfogarmi con qualcuno, ed ecco forse il pretesto giusto per farlo. È per questo motivo che ho deciso di scrivere un po’ della mia vita privata in questo sito pur restando nell’anonimato.

Sono una giovane ragazza madre di appena ventiquattro anni, ed ho una piccola creatura con gli occhi castani che ancora ne deve fare quattro.

Per quanto mi riguarda userò lo pseudonimo di “Sofia” per identificarmi.

Ho scelto questo nome non a caso, ma perché apparteneva a una mia cara amica persa un anno fa circa in un tragico incidente stradale.

Tornando a noi, stavo dicendo che mi sto trovando in una dannata situazione. Mi sono capitate tantissime brutte vicende, soprattutto da dopo la nascita della piccola “Sara” . (Anche per lei ho voluto usare uno pseudonimo, perché mi par giusto così e questo è solo un nome di fantasia).

Certamente non è lei la causa delle mie angosce, anzi è il mio angelo quando le sento strofinare i biondi capelli sulle mie guance. Non nascondo che alcune volte il suo affetto, le sue moine, il suo giocare con me, il suo ruzzare mi ha fatto scendere qualche silenziosa lacrima dagli occhi, che poi ho asciugato con i suoi capelli. Mi commuoveva, e lo farà ancora, il fatto d’avere con me una bimba che mi vuole bene. Qualcuno che mi vuole, mi desidera, ma allo stesso tempo penso insistentemente: per quanto durerà? Fino a quando l’avrò per me?

Della mia piccola Sara, però, tornerò a parlare più tardi.

So da sola di non avere un bel carattere, e può essere questa forse la causa che non mi fa avere tante amiche.

Le mie angosce sono iniziate da un clima familiare difficile. C’è mio padre che non ho mai visto sorridere e forse non lo ha mai fatto e mai lo farà in vita sua. Sempre teso e irascibile, sempre in lite con mia madre, anche lei facilmente vulnerabile e nevrastenica. Ma almeno lei un po’ più di lui ha lavorato e mi ha accudito, lui no. Il suo luogo di lavoro era il bar.

Anche la loro non è stata, e non lo è tuttora, una vita semplice. Erano i giovani di strada, figli del fumo e forse delle droga, chissà?. Nessuno dei due ha mai avuto un lavoro fisso, e i soldi sono sempre mancati come ancora ora.

Poi arrivai io, che non sarei dovuta arrivare e se non lo avessi fatto sarebbe stato meglio per tutti.

I miei genitori con me si sono rifugiati nella casa di mio nonno paterno. Una piccola casa in cui la sottoscritta era di troppo. Dico questo perché lo so…

Nessuno sopportava il mio pianto da bambina, quando durante la notte piangevo per mie esigenze. La mamma mi ha raccontato che una notte ha litigato col nonno per via del mio piangere insistentemente, al punto di avermi preso in braccio, coperta ed essere uscita di casa per andarsene, senza una meta, ma doveva farlo. Fu mio padre a ritrovarci e porci a casa.

Per la difficile convivenza con i miei nonni, io fui affidata agli zii. Il fratello di mia madre e sua moglie mi portarono a casa loro; e per me fu dalla padella alla brace.

Avrò avuto circa dieci anni quando lo zio iniziò con le sue carezze forse a farmi sentire considerata. Era lo zio che mi faceva la doccia. Uno zio premuroso, gentile. Oramai da quel tempo di anni ne sono passati molti e non ho tutte le immagini a fuoco nella mia mente, ma ricordo quando anche lo zio veniva e si faceva la doccia assieme a me completamente nudo. Ricordo che mi voleva spiegare cose sul sesso. Con quella scusa lui toccava me e voleva che anche io lo toccassi nelle parti intime. Che lo lavassi lì.

Una storia che comunque è durata per qualche anno. Era lo zio che si accorgeva dello sviluppo fisico che facevo, ma era sempre lui che pretendeva sempre più cose da me, fino al punto di spingermi ad andare a letto con lui senza la mia volontà. È successo questo quando avevo da poco fatto quindici anni.

Nel frattempo i nonni se ne erano andati e la mamma aveva trovato un lavoro. Io non ci volevo più stare dai miei zii. Lo zio da gentile e premuroso come con me  sin era sempre dimostrato era cambiato. Non accettava che io lo rifiutassi. E l’ultima volta usò quasi la forza per portarmi a letto.

Tornai a stare con i miei genitori. Andavo ancora a scuola, ma la mia brutta situazione familiare incideva anche nell’istruzione. I miei risultati erano molto scarsi. Non so come, ma la scuola sapeva tutto di me. Misero perciò insegnanti di sostegno al mio fianco e posso garantire che mi sono stati molto utili. Con il tempo sono riuscita a riportarmi in pari con lo studio e a fare i miei passi.

In casa però la situazione era sempre la stessa, mia madre continuamente con la sigaretta in bocca che urlava contro mio padre di trovarsi un lavoro e di non continuare a “bighellonare” fra bar e divano, perché i soldi mancavano. E mio padre, le volte che andava bene, erano quando usciva e si sbatteva la porta alle spalle e mia madre che gli lanciava la scopa contro.

Quando accadeva questo, iniziava per me il delirio. L’inferno. La mamma nessuno la reggeva. Iniziava a sfogarsi con isterismi. In quei momenti non ce la facevo a stare in casa e me ne andavo in piazza, dove trovavo altre mie conoscenze. Qualche volta è accaduto che anche io mi accendessi con qualcuna o qualcuno di loro perché sentivo la necessità di sfogarmi in qualche modo. Quante tirate di capelli.

Non potei finire gli studi ed iniziai a lavorare al bar di un circolo. Fra i clienti abituali c’era un ragazzo che mi piaceva. Un ragazzo gentile. Mi accorsi che spesse volte mi guardava. Non mi rendevo conto se lo faceva perché gli interessavo oppure per prendermi in giro. So solo che sentendomi attratta dalle sue attenzioni iniziai a sentirmi più donna e a curarmi di più.

Era un periodo che aspettava che i suoi amici se ne andassero via dal bar per intrattenersi di più con me a parlare. Infine mi chiese di uscire con lui. Accettai subito. Anche mamma si era accorta di qualcosa e quando era in bona mi faceva domande e mi prendeva in giro.

In poco tempo ho fatto l’amore con questo ragazzo. Lui mi accarezzava così bene come nessuno mai prima aveva fatto. Mi sentivo una principessa. I problemi che c’erano all’interno di casa mia era come se non li sentissi più. Avevo la testa per lui. Lavoravo pensando sempre a lui.

Restai incinta e quando glielo comunicai lui cambiò. Si trasformò subito in un mostro. «Sofia, io non voglio saperne. Pensaci tu alla cosa. O lo tieni tu o lo butti tu», mi disse infuriato.

Da quel momento è scoppiata una guerra, anche di nervi, con lui e con i miei genitori. Mio padre mi disse subito di abortire, ma io non volevo. Anche mamma mi dava quel consiglio, però era più leggera.

Al mio rifiuto di abortire è iniziata la guerra anche fra i miei genitori e quelli di “Stefano” (si tratta anche questo di un nome di fantasia).

I genitori di Stefano stavano un po’ meglio dei miei, ma anche loro vivevano, e ancora vivono, in un appartamento dove pagano l’affitto.

Scopro sul mio conto voci che Stefano aveva messo in giro. Si giustificava di non essere lui il padre della creatura che avevo nel grembo. Era chiaro che io non volessi più iniziare una vita insieme con uno così, però era necessario che qualcuno mi aiutasse nel mantenimento di chi doveva nascere.

Stefano aveva iniziato anche a minacciarmi che se non l’avessi lasciato in pace me l’avrebbe fatta pagare. Io non so bene se si fosse trattata di una mia impressione o se veramente ci fosse stata una persona che mi pedinava. Spesse volte ho riconosciuto la sua macchina nei luoghi dove andavo.

Questa storia è andata avanti per un mese circa, poi più niente. Scopro però che Stefano aveva portato in casa una fidanzata. Ed è stato tutto così veloce, strano…

Sono costretta a cessare il lavoro al circolo perché la gravidanza avanza e in casa mia è sempre battaglia.

Mio padre nel mentre ha trovato un’occupazione provvisoria, ma quando torna la sera è più nervoso di prima.

Finisce il tempo, partorisco la mia piccola Sara, ma in casa dai miei è impossibile stare con mio padre in quel modo.

Il gestore del circolo mi dà allora alloggio in un piccolo appartamento di sua proprietà per adesso senza pretendere un affitto esagerato. Ed è lì che vivo con la mia piccola creatura Sara. C’è mia madre, per fortuna, che ogni tanto viene a farmi le pulizie e quando viene a trovarmi mi porta anche la spesa fatta. Però mi dispero al pensiero di come è sbagliata la giustizia italiana. Sarei intenzionata a mettere il mio caso nelle mani di un legale, però c’è mia madre che me lo sconsiglia perché dice che queste cause non finiscono mai.

Stefano non l’ho più incontrato; al bar da quel momento non si è più visto e speriamo che mai più si veda.

Questa è la storia di una povera ragazza madre e come la mia quante altre ce ne sono.