L’ENNESIMA VITA STRONCATA DAL BULLISMO…

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di Roberto Fiordi  23/01/2016

Gravi e pesanti scherzi in ambito lavorativo, stando a quanto affermano i genitori della vittima, sono le cause che hanno portato al suicidio un uomo di 26 anni di Vercelli, Andrea Natali. Un uomo dal carattere chiuso e introverso, appassionato di motori che aveva trovato lavoro presso una carrozzeria di Borgo d’Ale, sempre a Vercelli. Ma invece d’aver trovato un posto di lavoro sembra che avesse trovato per lui l’inferno. Il padre del ragazzo racconta del figlio di essere stato continuamente sottoposto a vessazioni da parte di colleghi e racconta anche che gli scherzi  da innocenti come erano cominciati sono passati a essere sempre più pesanti e di pessimo gusto, che andavano a braccetto con una tutt’altro che sottile cattiveria. Narra, infatti, dell’episodio in cui Andrea era stato gettato e chiuso dentro un cassonetto dell’immondizia per essere poi fotografato e umiliato diffondendo le immagini nel web, su una pagina Facebook creata appositamente.

Il calvario di Andrea, racconta sempre il padre, ebbe inizio il 22 ottobre del 2013, quando il giovane fece rientro a casa dal lavoro sconvolto.  Non era in grado nemmeno di parlare, solo di urlare. Da quel giorno il ragazzo non ha avuto più pace. Non è stato più in grado di uscire di casa da solo. E nell’aprile del 2014, Andrea si era presentato alla polizia postale di Biella per denunciare gli episodi di cyberbullismo di cui restava vittima e la polizia postale aveva provveduto subito alla chiusura di quella pagina Facebook, mentre la Procura di Vercelli aveva aperto un fascicolo di atti relativi e aveva puntato le indagini su un collega di Andrea. Ma oramai il dado era tratto, il giovane ossessionato da tutto era precipitato a rotta di collo nel tunnel della depressione e non sono bastate le cure prestate dalla psicologa che aveva iniziato a seguirlo perché non si lasciasse vincere dallo sconforto. Uno sconforto che lo ha gettato in braccio alla morte, con un cappio al collo nella sua camera al secondo piano della casa dove abitava con i genitori.

I genitori, trafitti dal dolore, chiedono giustizia e condannano chi ne ha le colpe a pagare affinché si arrivi a porre fine a questo maledetto fenomeno.

Ma secondo dettagliati studi, anche il bullo è una vittima; questi ricorre alla violenza perché sente la necessità d’attrarre l’attenzione degli altri su sé stesso e per farlo esercita il proprio potere sui soggetti più deboli del gruppo. Ritiene che possa essere l’unica maniera per prevalere sugli altri. E difatti, se andiamo ad analizzarlo più da vicino, ci accorgiamo che scolasticamente è un soggetto al di sotto della media, emotivamente immaturo, incapace di accettare responsabilità. E fra l’altro è una persona insicura con un basso livello di autostima; perciò ha bisogno di essere rispettato fuori da sé, ma più che trovare il rispetto negli altri trova la paura.

I fattori che possono spingere a essere bulli possono essere di più colori: può dipendere dall’ambiente in cui vivi, da frustrazioni anche inconsce, dall’assenza della famiglia sul piano educativo, affettivo e morale, e altre cose ancora. E spesse volte la vittima osteggiata dal bullo è una persona più debole di lui, tipicamente solitaria, introversa, lungi da compagnie, oppure che presenta malformità fisiche, psichiche o anche morali.

 

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  1.  Immagine fonte Google