BULLISMO A SCUOLA. ANTONIO TINELLI, SAN PATRIGNANO: «IL RISPETTO VA INSEGNATO. QUI ARRIVANO ANCHE STUDENTI PROBLEMATICI. HANNO BISOGNO DI REGOLE».

Il prof. Lattanzi, Liceo Montessori di Roma: «gli insegnanti si sentono soli»

 

Prima Lucca, poi Velletri e Lecce. La cronaca degli ultimi giorni ci descrive una situazione ormai fuori controllo che investe il mondo della scuola e, più in generale, la crisi di un sistema da valorizzare. La Comunità di San Patrignano accoglie anche minori e ragazzi problematici. È attiva una convenzione con l’istituto professionale Versari-Macrelli di Cesena che prevede che i ragazzi con problemi di condotta svolgano un periodo di formazione all’interno della comunità. Ogni anno San Patrignano incontra 50.000 studenti.

 Il Presidente Antonio Tinelli: «I ragazzi devono percepire intorno a loro un interessamento. La regola definisce un ambito entro il quale bisogna rimanere, oltre il quale non ci sono compromessi. Invece siamo arrivati ad un punto in cui gli adulti si arrendono alle provocazioni dei ragazzi: un ribaltamento dei ruoli che nuoce alla società intera, in cui il carnefice diventa vittima, al punto che la scuola stessa si chiede se sia il caso di bocciare o no i ragazzi, che, a questo punto, non sono altro che il frutto di un sistema che non va.

Il professore che è rimasto immobile di fronte alle aggressioni dei suoi alunni è lo specchio di una mancanza che non riguarda solo il mondo della scuola, ma chiama in causa anche la politica: ci vogliono investimenti e risorse che pongano al centro la priorità educativa e offrano opportunità di prevenzione e formazione di concerto con istituzioni, scuole e soprattutto famiglia. A San Patrignano offriamo opportunità educative attraverso la scuola, il lavoro, lo sport, l’arte, in totale condivisione con le famiglie dei ragazzi.

San Patrignano ha un canale aperto con le scuole di tutta Italia: ogni anno incontriamo 50.000 studenti, in particolare con il progetto WeFree. I ragazzi vengono qui e vedono cos’è San Patrignano, la vivono, ascoltano le storie dei ragazzi in percorso e imparano che essere liberi significa esserlo da ogni tipo di dipendenza, dalla droga, certo, ma non solo. Anche dal giudizio degli altri e dalla paura di non essere “abbastanza”, quella che di solito hanno i ragazzi che vengono definiti ‘bulli’».

«Nella grande sala da pranzo di Sanpa, oggi sono ospiti 40 ragazzi del liceo Maria Montessori di Roma. Tra loro ce ne sono alcuni che hanno problemi di disciplina, alcuni hanno alle spalle famiglie disastrate – ci spiega il professor Giuseppe Lattanzi, insegnante d’italiano –. Il nostro Liceo è a Roma, secondo municipio, ci sono 250.000 abitanti. In un posto come quello dove viviamo, i luoghi di aggregazione come le scuole sono oggetto d’attenzione per gli spacciatori e per un ragazzo non è difficile perdersi e finire in brutte compagnie. Già dalla quinta elementare cominciano ad avere i primi contatti con le drogheAlle medie hanno problemi di dipendenza. Per me, per la nostra scuola, venire a San Patrignano è irrinunciabile. Vogliamo che i ragazzi vivano l’esperienza comunitaria di Sanpa perché questo è un posto in cui si diventa se stessi. Ho visto dei ragazzi taciturni e chiusi cominciare a parlare, ad aprirsi, di fronte alle storie di ragazzi come loro o poco più grandi, che non hanno paura di condividere le loro fragilità e i loro errori. Questa è un’esperienza che ti cambia. La famiglia e la scuola dovrebbero fare di più. Dovrebbe essere un gioco di squadra. Il professore di Lucca non ha reagito perché è solo, o meglio, si sente solo. A volte i genitori difendono i figli anche di fronte a colpe evidenti. Nella scuola dove insegno, ad esempio,  abbiamo avuto il caso di uno studente che aveva lo zainetto pieno di marijuana da spacciare. Quando l’abbiamo mostrato al genitore, ha negato che fosse del figlio».