ENNESIMO CASO DI MALAGIUSTIZIA NEL PAESE DEI BALOCCHI, L’ITALIA

Si ricopre di ridicolo ancora una volta la giustizia italiana. Magistrati che forse hanno paura di condannare o che forse dietro a tutto ciò ci possono essere cose assai più grosse che non c’è dato sapere.

Si tratta dell’ennesimo caso di delinquenza impunita quella accaduta a Meduna di Livenza, in provincia di Treviso. La storia ha avuto inizio martedì 16 novembre quando una banda composta da tre albanesi, a bordo di un’Audi A6 rubata a Pordenone, si è data alla fuga inseguita dai carabinieri.

Si tratta di una gang composta di albanesi che ha messo a segno ripetuti furti, al punto di costringere i carabinieri a organizzare per la cattura strategici posti di blocco in un punto essenziale: il ponte nuovo di Meduna.

Alla vista dei carabinieri i criminali, già noti alle forze dell’ordine, si sono dati alla fuga. Da quel momento ha avuto inizio un rocambolesco inseguimento che ha visto impegnate 14 pattuglie e circa una 30ina di carabinieri a piedi; ma nonostante il massiccio spiegamento di pattuglie e agenti l’inseguimento è durato per quasi 2 ore. A Meduna poi i malviventi, vedendosi al perso, hanno abbandonato l’auto e hanno cercato la via di fuga gettandosi nel fiume Monticano. Per riuscire nella catturare dei tre delinquenti sono state impiegate le fotoelettriche dei vigili del fuoco per illuminare la zona e sub che sono riusciti a individuarli e catturarne 2, mentre il terzo è riuscito a raggiungere la boscaglia oltre la riva del fiume e a inoltrarsi. I 2 catturati sono stati subito asciugati e scaldati perché rischiavano l’ipotermia. Anche il terzo membro del gruppo è stato poi acciuffato come gli altri 2 e sottoposto ai soliti trattamenti dei compagni.

Nell’auto sono stati rinvenuti arnesi da scasso, materiale che lascia non molti dubbi sull’utilizzo di essi e lo scopo dei tre malviventi albanesi, uno di 23, un altro di 30 e il terzo di 40 anni. Ma questo non è bastato a convincere il magistrato, che non ha esitato a rimettere in libertà i 3 malfattori. Nei loro confronti, su disposizione dello stesso, non è scattato l’arresto. Sono stati rimessi in libertà con la sola denuncia di ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo il magistrato non c’erano gli estremi per l’arresto, intanto che, sempre a Meduna, una signora di 69 anni cardiopatica è finita in ospedale sotto shock dopo aver trovato la casa svaligiata. Ecco dunque le conseguenze che può avere questa criminalità incontrollata. Nonostante il dispiegamento di forze, la decisione del magistrato ha mandato in fumo tutto. Il primo cittadino del comune di Meduna di Livenza, Marica Fantuz, ha postato su Facebook lo svolgimento dell’operazione: “Ponte e strade bloccate, centro in apnea, inseguimento a piedi verso il monumento, poi sugli argini e nel fiume, con 30 carabinieri che al buio, in silenzio, con pile e giubbotti anti proiettile, cercano e corrono. In me salgono rabbia e tre speranze: che nessun carabiniere si faccia male, che riescano a prenderli e che soprattutto giustizia sia fatta”.

Che giustizia sia fatta, scrive il primo cittadino di Meduna di Livenza, ma nel Paese dei Balocchi, quale l’Italia, sono cose che non possono succedere. E questo non perché mancano le leggi, ma perché manca autorità dello Stato che le attui e le faccia rispettare. E casi come questo ce ne sono tantissimi nel Paese dei burattini, tanto da far indignare l’intera popolazione onesta e soprattutto le forze dell’ordine che mettono a repentaglio la propria incolumità per vedere andare in fumo il loro duro lavoro su decisione di un laureato giurisprudenza. Certamente i comandanti dei carabinieri hanno dato dimostrazione della loro indignazione e del loro disappunto riguardo la decisione del procuratore di Treviso, il quale ha ritenuto “insufficienti” gli elementi raccolti dai militari per procedere all’arresto dei tre fuggitivi.

Quante cose sarebbero cose da rivedere in questo Paese che sfiora l’assurdità, a partire proprio da chi amministra la giustizia e rappresenta lo Stato. Ma quale Stato?