In risposta all’articolo di Mario Tappia. UNA SCONCERTANTE REALTÀ DI UNA SOCIETÀ VIZIATA

 

di Roberto Fiordi

Proprio in risposta all’articolo di Mario Tappia, che riguarda l’omicidio di Vasto avvenuto mercoledì 1° febbraio e uscito 4 giorni fa in questo sito,  ci sono alcune precisazioni da fare…

Certamente l’omicidio è un gravissimo delitto che non merita giustificazioni e che va punito. La vita di un giovane di soli 22 anni che viene troncata dalla furia omicida di una persona più adulta, fa piangere il cuore e provare rancore nei riguardi dell’omicida. Altresì, detta così, sembra non lasciare spazio ad alcuna considerazione sul gesto. Si tratta di un omicidio preterintenzionale che merita l’ergastolo punto e basta. È un po’ la morale di molti notiziari che hanno affrontato il delitto a Vasto in provincia di Chieti, di Italo D’Elisa da parte di Fabio Di Lello . Ma in realtà non è proprio così.

Purtroppo nel mondo moderno ci troviamo tutti a dover fare i conti con una situazione complicata dal punto di vista sociale. Con una vita fatta di illusioni e disillusioni. Di bruciori e mal di stomaco. Di nausee e giramenti di testa. Di arrabbiature continue.Tutto questo per respirare quelle poche ore di felicità alla settimana. E non sempre.

Le passate generazioni, con le loro più che valide ragioni, osano dire che ieri la vita era più complicata. Ieri era necessario lottare e lavorare duro per ottenere un pezzetto di pane da portare in famiglia, mentre la generazione di oggi si deprime perché invece dell’iPhone 8 si deve accontentare di un normale smartphone. E questo è vero, ma all’interno di questo pacchetto di angosce c’è ben altro. C’è l’infelicità del giovane e del meno giovane. Sembra che ci sia la mancanza d’iniziativa per lottare all’interno di veri valori e il cellulare più nuovo o migliore è semplicemente la scusa inconscia per realizzare una conquista.

Ma quale conquista? La conquista di avere forse un qualcosa che altri non hanno. Ma che cosa? Di sentirti qualcosa in più degli altri. «Siamo […] nati per vincere», canta J-Ax  nella sua canzone “Nati così”, sottilenando: «quale guerra però non si sa». Una guerra che altro non è che il caos intestinale di tutti, specialmente dei più giovani. Quella confusione che emerge dentro e che illude di essere i conqiustatori del mondo. I Sandokan della Malesia.

In questo caso, purtroppo,  il povero Italo D’Elisa non aveva fatto conto di doversi ritrovare di fronte a un uomo afflitto. Disperato. A una persona a cui era crollato il mondo addosso dopo la perdita della moglie. E se fosse vero  quanto possiamo apprendere dai quotidiani, che il giovane aveva assunto atteggiamenti alquanto ostili e di sfida nei confronti dell’omicida, questi avrebbe dovuto immaginare che qualcosa prima o poi sarebbe potuta succedere, come purtroppo è accaduto.

Sarebbe necessario quindi calarsi nei panni del 34enne e cercare di capire il suo stato d’animo. Il costante dolore provato in tutti questi mesi per la perdita della moglie. Psicologicamente provato e in una condizione di estrema fragilità, Di Lello si è trovato costretto non solo a dover resistere ai messaggi d’invito nei social network a compiere quella drammatica azione, ma persino agli atteggiamenti sbeffeggianti del giovane che nell’incidente avvenuto a luglio scorso aveva portato via la sua dolce metà.

 Se riuscissimo a far questo, non parleremmo più di vendetta, come in molti hanno scritto, ma di sfogo.

Lo sfogo al suo male interiore e alla rabbia che il 22enne sfidante indugeva su Fabio. Dunque, difronte a tali realtà, un conto è parlare subito d’ergastolo e un altro conto è invitare i tribunali ad assumere un corretto atteggiamento tenendo conto di tutto. Soprattutto che l’uomo ha bisogno di essere curato.

La colpa del povero Italo è stata forse quella di essere giovane e come tale di lasciarsi trasportare da simili atteggiamenti. Speriamo che tale tragedia possa aprire gli occhi ai giovani e fare di tutto perché evitino di finire in drammatiche situazioni analoghe. Anche fra giovani stessi.