LA TRAGEDIA SULLA TRAGEDIA. PERDERE LA VITA IN AIUTO PER ALTRI

Walter, Davide, Giuseppe, Mario, Gianmarco, Ettore sono i nomi delle 6 persone decedute a bordo dell’Elisoccorso dopo lo schianto contro Monte Cefalone a Lucoli in provincia dell’Aquila.

L’aeromobile (Aw 139) del 118 si era sollevato in volo il 24 gennaio 2017 per andare a recuperare lo sciatore 50enne Ettore Palanca, maître all’hotel Rome Cavalieri di Roma, che sciando – la sua grande passione – si era infortunato lungo la pista da sci denominata “dello Scorpione” o “Campo Felice”, sempre in provincia dell’Aquila, e si era procurato la frattura di tibia e perone.

Ettore era un grande sportivo, tifoso juventino, amante della montagna. Si trovava lì per trascorrere qualche spensierato giorno di ferie. Le foto del suo profilo che scorrono nei social lo ritraggono in muta da sci, sorridente, capelli brizzolati, in compagnia di sua moglie e del suo piccolo che adesso non lo rivedranno mai più.

Ettore aveva preso la decisione di sciare anche se vi era un po’ di nebbia, ma gli impianti erano regolarmente aperti e dunque le condizioni di visibilità dovevano essere state buone.

Tuttavia, secondo quanto afferma all’ANSA Andrea Lallini, il gestore delle piste di sci, l’elicottero era atterrato, aveva caricato Ettore a bordo senza nemmeno avere spento le eliche ed era ripartito subito; e poco dopo si è consumata la tragedia. Il velivolo pare si sia schiantato a un’altezza di 600 metri da terra. C’è una testimonianza che afferma di  averlo visto volare basso e piano e di esserci stata molta nebbia da non vedere a pochi metri di distanza. Secondo quanto afferma lo stesso testimone, l’Elisoccorso sembrava che stesse seguendo la traiettoria della strada in direzione di Campo Felice dal valico della Crocetta e quando poi l’elicottero è tornato indietro, dice sempre il solito testimone, di aver sentito un forte botto.

Alla notizia dell’elicottero del 118 i maestri di sci di Campo Felice e Ovindoli si sono immediatamente messi a disposizione dei soccorritori per il recupero del mezzo e dei passeggeri.

Insomma, una disgrazia sulla disgrazia. Dopo tutte le calamità che si sono abbattute sul Centro Italia, fra terremoti e slavine, si vanno a sommare altre 6 vittime alla lunga lista dei morti. Altresì, due di queste vittime, e precisamente Walter Bucci e Davide De Carolis, nei giorni scorsi avevano preso parte alle operazioni di soccorso all’hotel Rigopiano e non sarebbero dovuti nemmeno trovarsi su quell’elicottero.

Walter Bucci era un medico rianimatore del 118 ASL di Aquila, padre di 2 figlie. Come Ettore anche Walter era un amante della montagna ed è stato uno dei primi soccorritori ad arrivare con gli sci ai piedi al disastro dell’hotel Rigopiano. Nativo di Aquila, il 57enne medico, rimase vittima pure del disastroso sisma dell’Aquila dove vide crollare la sua casa. Infaticabile scavatore, durante i suoi 5 giorni d’intervento all’hotel travolto dalla slavina, dormiva in ambulanza durante il turno di riposo per poi riprendere subito a scavare. Una gran brava persona. Abbastanza taciturna, lo ricordano i colleghi del Soccorso alpino, e quando apriva bocca lo faceva per scherzare.

Occhiali da vista in metallo e lenti a forma rettangolare incollati sul naso, una fronte abbastanza alta sotto corti capelli castani, un sorriso eloquente che esprime la bontà insita in questa persone e la muta da soccorritore, ecco l’immagine di come si presenta Walter nelle foto che lo ritraggono dopo la sciagura.

Davide De Carolis, anche lui, come Walter, eroe di Rigopiano. Durante la sua operazione all’hotel ha tratto in salvo alcune persone. 40enne, originario di Teramo, viveva da qualche anno a Santo Stefano di Sessanio, in provincia dell’Aquila. Era tecnico dell’Elisoccorso del Soccorso alpino. Aveva domiciliato per diversi anni nella Capitale dove aveva frequentato la facoltà di Psicologia. Sempre a Roma era ben conosciuto negli ambienti della sinistra e in Abruzzo era diventato consigliere comunale di dove domiciliava.

Le foto ritraggono l’uomo sorridente, con due occhi da cerbiatto. L’amico Roby De Paolis racconta di un loro intervento, il 20 gennaio, a tirare fuori dall’hotel possibili superstiti. Narra che hanno scavato con attenzione assieme a un vigile del fuoco. Mentre erano intenti in tale operazione avevano avvertito la voce di un uomo. A quel punto si sono messi a scavare con estrema cautela per non compromettere la salute loro e dell’uomo che stava sotto. Dopo ben più di 7 ore di duro lavoro, fra gli applausi, la gioia di estrarre l’uomo vivo.

A condurre il mezzo un riminese di 46 anni, Gianmarco Zavoli, anche lui fra le vittime dell’incidente. Gianmarco aveva maturato l’esperienza militare nell’Aeronautica e per anni aveva volato come militare all’estero. All’attivo aveva persino una missione in Afghanistan da pilota di jet durante la guerra. Dopo l’esperienza militare l’uomo aveva continuato a volare come pilota di mezzi di soccorso presso la ditta Inaer, che fornisce servizi di elisoccorso.

Un amico del pilota, un certo Stefano Carlini, racconta che in Afghanistan avevano persino sparato contro Gianmarco, ma lui era sempre riuscito a cavarsela. E poi, come per assurdo, va a perdere la vita in un’operazione assai meno rischiosa.

Gianmarco ce lo descrivono pure come una persona molto abile nella giuda dei velivoli e allo stesso tempo prudente, molto attaccata al suo lavoro. Una persona meravigliosa, solare, molto altruista, che conosceva persino bene la zona.

L’amico Stefano racconta che appena è circolata la tragica notizia dell’elicottero del 118, ha provveduto a inviare subito un messaggio su Whatsapp all’amico chiedendo se era tutto a posto, ma la risposta non è mai arrivata.

Giuseppe Serpetti era un infermiere di 59 anni. Lavorava da anni presso l’ospedale San Salvatore dell’Aquila in servizio al 118, e spesse volte era di turno sull’elicottero. La moglie e le 2 piccole creature, una figlia di 7  e l’altra di soli 3 anni, non potranno mai più riabbracciarlo.

Giuseppe era un uomo dal cuore buono, tanto che tutti gli volevano bene e lo avevano soprannominato “Zio Peppone”, proprio per la sua squisitezza e bontà d’animo.

 Mario Matrella, originario di Foggia, muore all’età di 42 anni e lascia moglie e 4 figli. Dipendente della Inear Avuiation, faceva parte del Soccorso alpino stazione “Gargano”.

«[…] Mario era uno di quegli eroi che, giorno dopo giorno, compiono le loro importanti missioni “lontani dai riflettori”, salvando vite e soccorrendo le persone in difficoltà con straordinario senso del dovere e spirito di sacrificio. A uomini come Mario va quotidianamente la nostra gratitudine. Di loro, in queste funeste circostanze, ci resta la memoria riconoscente e la tristezza di aver perso uomini di grande valore, difficilmente sostituibili, soprattutto nelle vite e nell’affetto dei propri cari». Sono le commosse parole rilasciate dal sindaco di Foggia, Franco Landella, subito dopo aver appreso la scomparsa del suo concittadino. Ma le parole che il sindaco di Foggia ha speso per Mario, sono parole che è giusto spendere per tutte le vittime di questa sciagura.