L’ILLUMINISMO. Sapere Aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! […]

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SAPERE AUDE! ABBI IL CORAGGIO DI 
SERVIRTI DELLA TUA PROPRIA INTELLIGENZA!

È un manifesto illuminista teso a esortare l’essere umano a uscire dalla condizione di minorità che i secoli precedenti lo avevano indotto. Un motto coniato dal filosofo tedesco Immanuel kant, che dice di trovare il coraggio di fare uso del proprio intelletto senza la necessità di doversi appoggiare alla guida di qualcuno.

Con il risveglio dei lumi della ragione ha inizio un movimento socio-politico-culturale e filosofico che arriva a sconvolgere il Continente, l’Illuminismo. L’avvento dell’Illuminismo si è materializzato prepotentemente in Europa in pieno 1700, partendo dalla Francia e dall’Inghilterra e diffondendosi rapidamente in tutto il Continente, dopo un’incubazione di circa duecento anni, durante il periodo rinascimentale (1500-1600), dove l’uomo aveva fatto i primi prestigiosi passi in avanti verso un ammodernamento non indifferente sul piano scientifico, lavorativo, sociale, intellettuale e artistico, uscendo da un millennio ritenuto storicamente buio. Questo millennio aveva avuto inizio a seguito dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), dove il calendario storico segna l’uscita dell’Europa dall’epoca antica e l’ingresso in quella ritenuta intermedia, chiamata opportunamente “Medioevo“, e che ha una durata sino alla scoperta del Nuovo Continente (1492), che segna l’inizio dell’epoca moderna. Il Medioevo è stato ritenuto da storici e intellettuali un periodo decadente per il declino sociale, le divisioni politiche intercorse, le carestie, le guerre, le pestilenzeOggigiorno, però, quest’epoca è sotto analisi in quanto nuovi studiosi hanno valide ragioni per rivalutarla, trovando, almeno sul piano architettonico, che le più maestose cattedrali sono state realizzate proprio in quella fase. È chiaro, comunque, che in un’epoca così longeva, qualcosa anche di positivo ci doveva essere stato per forza, tuttavia non c’è da dimenticare che le cattedrali erano anche l’emblema della città, dunque dietro a tutto questo splendore c’era anche un’interesse soggettivo. Detto questo c’è d’aggiungere  che una visione tenebrosa di quest’epoca aveva già incontrato certi giudizi a partire dagli umanisti come il Petrarca (XIV secolo), e dunque, ancora di più, quattrocento anni dopo, negli illuministi che l’avevano definita un’era negativa, suggellata dal fanatismo religioso e dalla superstizione, e quindi da una vera e propria prigionia di spirito e d’intelletto. Effettivamente le dottrine religiose avevano indotto la società a una condizione profondamente spirituale e quanto più superstiziosa, al punto che persino i medici ricorrevano talvolta a talismani per scongiurare eventuali malattie, come la peste. Si racconta inoltre che il fanatismo umano avesse persino istigato folle di uomini, ovvero flagellanti penitenti, fustigati dalla superstizione o dal timore dell’ira divina, a martoriarsi pubblicamente con fruste dotate di punte metalliche per ottenere il perdono. Un vero e proprio scandalo per il Settecento, il secolo dei “Lumi“, quello in cui l’intellettuale inizia a fare un uso critico della ragione e a scongiurare certe credenze ontologiche e certi pregiudizi, basando i propri concetti e i propri studi verso una realtà razionale, terrena e materialista. Viene posto di conseguenza l’uomo al centro dell’Universo, ed ecco quindi il propagarsi del laicismo. Il credo dell’illuminista è assai lontano da quello della Chiesa e delle religioni tradizionali, la divinità viene concepita con una dottrina che ammette sì l’esistenza di un Essere Supremo come causa del mondo, ma non riconosce vincoli dogmatici. E questo non può che comportare inimicizia con la Chiesa stessa, che sino ad allora, assieme all’aristocrazia, aveva tenuto in pugno l’intelletto umano. Ma oramai la ragione dell’uomo si modifica, subisce una metamorfosi, diventa polemica nei confronti delle religioni classiche, ritenendole motivo di assurde scaramanzie e di fasulle credenze. La teoria illuminista si basava anche sul principio che l’uomo deve essere felice e quindi lungi dall’accettare mansueto certe sofferenze imposte. E non solo, l’opinoene illuminista si fa sempre più pungente anche nei confronti delle istituzioni dispotiche, e nei confronti delle disuguaglianze fra esseri umani. Si approfondiscono in maniera esponenziale gli studi sulla scienza, valorizzando e incrementando le scoperte scientifiche del Seicento, dove grossi nomi come Copernico, Galileo, Newton si erano arenati di fronte alle credenze bibliche. Il nuovo popolo d’intellettuali, invece, ha il coraggio di mettere la Bibbia di fronte all’evidenza, dinnanzi alle (forse) mal interpretate Sacre Scritture.

L’emorragia illuminista non si era espansa omogeneamente in tutti i paesi, ognuno l’aveva assorbita in relazione con la propria natura sociale, religiosa, culturale e politica. Non tutti i filosofi avevano lo stesso pensiero, ma su un punto tutti quanti erano in sintonia, il radicale rifiuto alla Chiesa cattolica, alle sue universali intolleranze e ai suoi dogmi. “Schiacciate l’infame“, non per nulla, era uno dei loro motti. Le tesi sul cristianesimo e sulle religioni in generale erano concordi con quelle massoniche, persino la massoneria avvalorava il concetto deista, anche se in maniera più comprensibile al popolo, tanto che se una buona fetta di uomini si è scristianizzata è dovuto prevalentemente all’associazione massonica, che vigeva un ruolo intermedio nella società.

A braccetto con una borghesia imprenditoriale prevalentemente in ascesa nel settore economico e sociale e tesa a rettificare i rapporti di forza con il clero e l’aristocrazia, dopo aver spinto l’Europa in una fase di ammodernamento con nuovi macchinari, nuove tecniche agricole eccetera, l’intellettuale illuminista conquista un largo margine di autonomia e ciò gli consente di svolgere un ruolo libero, non limitato da confini. In questo modo gli ideali di libertà e uguaglianza si dilagano sempre di più fra le persone. L’intellettuale stesso è il borghese che vive del proprio lavoro coltivando i propri interessi nello studio, o quanto meno è lo scrittore che vive con i ricavi delle proprie opere, perciò ha anche tutto l’interesse a favorire il consumo sociale della cultura. Da ciò ecco la nascita dell’Enciclopedia: del dizionario dei mestieri, delle arti e delle scienze. L’obbiettivo concreto dell’Enciclopedia è quello di portare la coscienza umana fuori  dai modelli d’ignoranza e di superstizione e offrire in questo modo mezzi indispensabili a una progressiva crescita del sapere. Ecco così il fiorire di nuove tecniche e nuovi macchinari di stampa, la maggiore facilità di distribuzione, il sorgere della figura dell’imprenditore-editore e perciò l’incremento di testi e libri non più solo specialistici ma di vario genere:  libri tascabili, saggi brevi e di semplice scrittura, tutte opere a una portata più popolare. Avviene così anche il diffondersi dei giornali, degli almanacchi eccetera.


  1. Immagine fonte Google