LETTERA DISPERATA DI MICHELE, MORTO SUICIDA GRAZIE A UNO STATO LONTANO

di Roberto Fiordi

La disperata lettera di protesta contro la società sbagliata è quella di un giovane friulano che il 31 gennaio di quest’anno si è tolto la vita stufo di rimbalzare da un posto all’altro in cerca di lavoro senza mai un’occupazione fissa. I suoi genitori l’hanno consegnata a un giornale. «Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere».

«Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere» sono le sconcertanti rivelazioni di un giovane di soli 30 anni della provincia di Udine che ha deciso di dire basta a una vita buia, disperata, che non apre nessuna porta alle speranze. I genitori di Michele, questo il suo nome di battesimo, hanno affidato le ultime righe di loro figlio a Il Messaggero Veneto. «Il nostro ragazzo vittima di una società che divora i figli», è il disperato appello di questi genitori, distrutti dal dolore. 

Nella lettera c’è l’assoluto pessimismo di un uomo che si sente spogliato di tutti i valori, che non si sente tutelato da niente e da nessuno. Si dice stanco di tutto. Stanco di fare buon viso alla situazione che sta vivendo, stanco di fingersi interessato, di sentirsi preso continuamente per i fondelli. Scoraggiato dalle buone aspettive future che tanto non arriveranno mai, né per sé e né per tutti. «[..] Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza...» Un grido disperato alla sicurezza che manca, come pure l’opportunità di un posto di lavoro stabile.

Papa Francesco non risparmia appelli contro una società che vive solo per il dio denaro. Secondo Bergoglio il lavoro deve essere una dignità, e se oggi la disoccupazione è un indice che colpisce molti Paesi europei, la colpa va fatta ricadere obbligatoriamente a un sistema economico incapace di crare posti di lavoro perché ruota solo intorno al denaro.

«Lavoro significa dignità. Disoccupati a rischio esclusione»,  sono le parole del capo della Chiesa cattolica, che sottolineano la gravità della condizione del disoccupato. Questi rischia di vivere ai margini della società e di diventare vittima dell’esclusione sociale. E la colpa di questo sistema – sempre secondo Bergoglio – ricade sui diversi soggetti che hanno in mano la politica, l’economia e che – proprio per questo – dovrebbero, anziché pensare ai propri interessi, favorire lo sviluppo per tutti di un’attività lavorativa più dignitosa, prendendo come basamento la giustizia e la solidarietà.   

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.” È in questo modo che Michele ha dato inizio alla sua  ultima e toccante lettera prima di arrivare a compiere l’estremo gesto. “Ho cercato di essere una brava persona, ho commesso molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie…

Probabilmente le righe di Michele resteranno come un grido nel deserto, però sono il panorama sociale che l’Italia sta oggi vivendo. Purtroppo sono molti i suicidi che avvengono durante l’anno per ragioni strettamente legata al fattore economico, che riguarda tanto imprenditori, che liberi professionisti, che lavoratori dipendenti. Ma il nostro Stato non fa assolutamente nulla, anzi la giustizia – per dirne una – reintegra i furbetti del cartellino al loro impiego statale.