SANITÀ, ASSENTEISMO OMICIDA.

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di Roberto Fiordi  30/01/2016

È quanto è emerso dagli sviluppi sulla morte della piccola Giovanna Fatello, una bambina di soli 10 anni, ricoverata a Villa Mafalda per un intervento chirurgico all’orecchio.

Il 29 marzo 2014 la piccola doveva essere sottoposta a un’operazione di timpanoplastica, per trovare rimedio a una fastidiosa otite che erano due anni che la tormentava. Niente più che un’operazione di normale routine si sarebbe dovuta trattare, se non fosse che la bimba da quell’intervento non si è più risvegliata. Dopo quaranta minuti dall’inizio dell’operazione è deceduta per arresto cardiaco. Hanno parlato inizialmente di allergie, di malformazioni, ma la vicenda non ha convinto tanto il pm Mario Ardigò, che su disposizione del gip Guglielmi, ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. E nel corso delle indagini un’altra verità ha iniziato a farsi strada. Gli indagati sono stati dieci fra infermieri e medici; e fra quest’ultimi gli anestesisti Pierfrancesco Duari e Federico Santilli sono state le persone più coinvolte nella vicenda. È emersa, infatti, l’ipotesi che l’errore commesso abbia avuto origine al momento dell’anestesia.

Raccontano i genitori della piccola di essere arrivati alla casa di cura, situata nel cuore del quartiere Salario a Roma, la mattina del 29 marzo alle ore 08,00 e nessuno si è presentato a loro per fare l’anamnesi, ovvero quella serie di domande che il medico fa al paziente o ai familiari allo scopo di raccogliere dati e notizie utili per la diagnosi. Ma soprattutto la piccola non viene sottoposta a una pre-anestesia come si è soliti fare con i bambini. La madre racconta che mentre sta scendendo per andare in sala operatoria incontra Dauri, con un cellulare infilato nel camice da cui esce della musica. Solo allora la signora riesce a informare l’anestesista di essere soggetta ad alcune allergie e che anche la bimba poteva esserlo.

Dopo un’ora e mezzo d’attesa fuori dalla sala operatoria, i genitori si accorgono del chirurgo piantonato alla porta con una maschera facciale che fa lasciare pochi dubbi. Si affrettano dunque a chiedere notizie della piccola Giovanna. <<L’operazione è andata benissimo>>, risponde il medico, <<il resto è andato malissimo>>. Da quella frase un via vai di gente in preda al panico che si muove nervosamente, ma nessuno che si degni di dar loro spiegazioni. Solo il capo sala, preso dalla circostanza, fa sentire loro dalla macchina chirurgica un bip  dicendo che è il cuore della bambina batte ancora, come se fosse una cosa insolita… O forse voleva preparali già al peggio, la cosa che gli dirà poi Dauri quando alle 12:30 uscirà dalla sala operatoria. Alle 13:40 la piccola Giovanna spira.

La nuova pista investigativa formula un’altra ipotesi sulla morte di Giovanna Fatello, ovvero che sia avvenuta per assenteismo e negligenza da parte degli operatori anestesisti. La procura indaga per omicidio colposo l’anestesista Pierfrancesco Dauri, per essersi sottratto dal controllo della paziente e delle apparecchiature. Risulta infatti che Dauri si fosse allontanato ingiustificatamente dalla sala operatoria, per una quarantina di minuti e se ne fosse andato al bar della clinica in compagnia di una donna, lasciando in mano al collega Santilli, non pratico della macchina, la gestione della situazione.

La bimba sarebbe così morta per mancato azionamento di una valvola che avrebbe causato problemi di ossigenazione. Ma sembra che oltre al danno si sia aggiunta pure la beffa. Difatti il pm contesta all’intero equipe che era presente in sala operatoria d’aver congegnato una versione di comodo per favoreggiamento personale. E fra gli indagati compare pure la dirigente sanitaria, alla quale è contestato il falso per aver inviato via fax al policlinico Umberto I la richiesta di plasma alle ore 12:00, cioè quando la piccola Giovanna era già morta. Lo stesso Santilli scompare dai registri della clinica giacché quel giorno stava lavorando a nero. Dall’acquisizione dei tabulati telefonici e dalle testimonianze rilasciate ai magistrati dalle due bariste, Carmela e Maria Rolli, si fissa l’orario del decesso della piccola a un ora che va dalle 09:45 alle 09:50 e non alle 13:40 come è stato riportato nei documenti della clinica. Inoltre viene riscontrato il malfunzionamento del macchinario che segnala i parametri vitali e del saturimetro che segnala l’ossigeno.

E questo, purtroppo, non è un caso isolato, i dati di malasanità raccolti dal Simes sono  alquanto sconfortanti. Si parla in Italia di centinaia di casi l’anno di malasanità, dove i casi più gravi fanno cronaca, mentre tutti gli altri finiscono negli archivi delle procure.

Da indagini a campione di ricoveri finiti nel peggiore dei modi per responsabilità del personale sanitario, il Giornale.it ha preso come riferimento il periodo di tempo 2009/2012, da dove sono emerse ben cinquecentosettanta denunce di cui quattrocento relative a casi che hanno  comportato la morte del paziente per errore imputato al personale medico e sanitario o per disfunzioni e carenze strutturali. Disfunzioni strumentali al punto che oggigiorno ci troviamo dinnanzi una situazione in cui i bisturi non tagliano più. Ciò causato dalla politica del risparmio, dove andiamo in cerca del prezzo sempre più basso, andando così a gravare nella qualità del prodotto.

L’Acoi, ovvero l’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, dietro la segnalazioni di migliaia di medici, denuncia che la mediocre qualità degli strumenti utilizzati può avere conseguenze sia estetiche sia infettive; e ill ministero della Salute risponde che l’aspetto qualitativo degli strumenti è primario, e che risparmiare non significa venir meno alla qualità. Diego Piazza, presidente dell’Acoi, spiega inoltre che aldilà di tutte le deficienze che può comportare al paziente un bisturi che non taglia, se lo guardiamo anche dal punto di vista economico, non è detto che possa comportare un risparmio dal momento che talvolta il chirurgo, in assenza di un taglio buono da parte dello strumento, è costretto ad avvalersi di un altro. Aggiunge sempre il presidente dell’Acoi che privilegiare il prezzo a scapito della qualità può causare la scomparsa delle funzioni principali dei dispositivi medici ad elevata tecnologia, con il rischio di compromettere la salute e la sicurezza del paziente.

Renato Botti, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute, risponde che nei criteri per gli acquisti di forniture sanitarie esistono procedure di gare per l’offerta più vantaggiosa ma l’aspetto qualitativo è primario. E che inoltre il ministero della Salute sta lavorando con il ministero dell’Economia al fine d’individuare centri di competenza in grado di acquistare bene.


  1. Immagine fonte Google