LEGITTIMA DIFESA: LA POLITICA HA PAURA. INDICIAMO UN REFERENDUM

Indire un referendum sulla tutela del domicilio e la legittima difesa. Là dove lo Stato non è in grado d’intervenire sia autorizzato a farlo chi può.

di Roberto Fiordi

È questa la direzione che dovrebbe assumere finalmente il nostro Paese, quella di concedere – all’onesto cittadino – il diritto di autodifendersi da furti e aggressioni senza dover incorrere nel penale come sta accadendo oggi.

Sono troppi, infatti,  i casi registrati fino adesso di chi ha avuto il coraggio di difendere l’incolumità propria e della propria famiglia, della propria abitazione o attività che sia, da uno o più rapinatori e si è ritrovato a dover fare i conti con la “giustizia”. A essere condannato dal giudice in sede penale, con la detenzione carceraria o limitazione della libertà, e in quella civile con un risarcimento che conta centinaia di migliaia di euro a favore della famiglia del malvivente rimasto ucciso.

Sono troppo evidenti i forti squilibri che ci sono nel sistema giudiziario italiano. O di chi è chiamato a gestirlo. Nei casi contrari, infatti, quelli in cui è toccato all’onesto cittadino dover pagare con la salute, o addirittura con la vita, l’aggressione del malavitoso, risulta che siano pochi, o addirittura che non ci siano stati fino adesso, casi in cui i familiari della vittima siano stati indennizzati , nonostante che l’articolo 2043 del codice civile reciti che “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno“.

In Italia ci troviamo di fronte a un grosso paradosso in fatto di giustizia. Il quadro normativo previsto dell’articolo 52 del codice penale dice: “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa“.

Così come la legge viene letta potrebbe far pensare che sia a tutela di chi cerca di difendere la propria incolumità e/o quella altrui, il domicilio e i propri beni, ma l’organo che esercita la giurisdizione chissà perché lo condanna. Questo indica che la legge lascia ampio spazio all’interpretazione soggettiva del giudice in carica. È necessario quindi che la politica abbia il coraggio di riscrivere il decreto con maggiore chiarezza.

La Costituzione italiana prevede un procedimento di formazione delle leggi chiamato iter legislativo, nel quale, perché un progetto diventi legge, deve essere approvato nell’identico testo da Camera, Senato e dal Presidente della Repubblica; ma spetta alla politica formulare questo progetto.

Pare, però, essere oramai una cosa fin troppo evidente che la politica italiana abbia timore di muoversi in determinate direzione piuttosto estreme ad eccezione di alcuni leader politici, che probabilmente anch’essi lo fanno solo quando sono all’opposizione perché se finissero al governo lo scottante tema della così acclamata “legittima difesa” non verrebbe più tanto decantato.

L’Italia dei Valori, con Ignazio Messina, a fine giugno 2016 depositò in Senato ben 2mila firme per la “tutela dell’individualità del domicilio e in materia di legittima difesa“, che prevedeva la pena edittale raddoppiata per violazione di domicilio passando , da 1 a 3 anni come si presentava a 2-6 anni, e la diminuzione dell’ “eccesso colposo di legittima difesa” nei casi di rapina mano armata in casa, in negozio e negli esercizi pubblici.

La Lega Nord, guidata da Matteo Salvini, c’era andata ancora più di petto. A Novembre del 2015 aveva presentato una proposta che prevedeva l’esclusione di punibilità per chi avesse ucciso il ladro in casa. Fu presentata a Montecitorio la proposta volta a modificare l’articolo 52 del codice penale e capovolgere la giurisprudenza della Cassazione, cancellando, di fatto, il reato di eccesso colposo di legittima difesa.

La proposta presentata dal partito di Matteo Salvini, con primo firmatario il deputato Nicola Molteni, chiedeva inoltre d’inserire all’interno dell’articolo 52 del codice penale una nuova norma nella quale, dice il testo: “Si presume, altresì, che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso, mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite, in un’abitazione privata, o in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Nella confusione totale che sta girando intorno a questo tema, dove pare che tutti siano d’accordo sulla legittima difesa da parte di chi riceve l’offesa nei confronti del rapinatore o dell’aggressore, nessuno però sembra intenzionato ad assumersi la responsabilità di modificare la Costituzione. Per tanto sarebbe opportuno ascoltare l’opinione popolare.

Da un piccolo sondaggio fatto personalmente, su un campione di 127 persone consultate sia direttamente che tramite i social, 94 di esse hanno affermato di essere favorevoli all’impunibilità riguardante la legittima difesa, 19 assolutamente contrarie, bandendo che diventerebbe un far west (frase già fatta ma assolutamente da rispettare, anche se nella realtà dei fatti non affronta il tema dei diritti naturali della persona), e le rimanenti 14 si dicono incerte.

È la legge che dovrebbe intervenire, dicono gli incerti e gli sfavorevoli e hanno pienamente ragione, ma purtroppo nella maniera come viene fatta rispettare in Italia sembra essere orientata contro l’onesto cittadino.

Buona parte della nostra politica è composta di politici ipocriti, di persone finte buoniste, fra le quali vi sono anche molti personaggi pubblici “catto-comunisti” contrari alla legittima difesa quando si trovano a dover affrontare questo tema in pubblico , ma sarebbe da vedere come si comporterebbero nel caso in cui si trovassero loro nella condizione di terrore o minaccia di fronte a qualunque malvivente entrato all’interno della loro abitazione non certo con buoni propositi.

E restando in tema di legittima difesa, l’articolo 52 del codice penale, come abbiamo visto in precedenza, recita […] che la difesa sia proporzionata all’offesa. E anche qui ci sarebbe d’aprire una gigantesca parentesi. Dal punto di vista morale potrebbe apparire giusta, ma sarebbe il caso che il legislatore si mettesse nei panni dello sventurato che si trovi a dover affrontare in casa propria un malvivente disarmato ma di mole e di  forza alla pari di  Mike Tayson.

E ci possiamo chiedere se dinanzi a tali propositi verrebbe consentito di usare un’arma, che sia da fuoco, che sia bianca, che sia un oggetto contundente, ma comunque capace non solo di lesionare ma addirittura di uccidere il rapinatore. Se così fosse vorrebbe dire che la vita di una persona forte e muscolosa – per la legge – conterebbe meno di un’altra più esile.

La legge deve essere chiara e limpida, non a interpretazione del giudice, altrimenti l’articolo 3 della Costituzione che sancisce – in poche parole – che la legge è uguale per tutti, non avrebbe più valore.

Ma ci sono state volte in cui il malvivente è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco mentre stava fuggendo e, soprattutto in questi casi, la vittima del furto è stata messa dinanzi alla giustizia. Anche questo sarebbe un argomento d’affrontare nei suoi particolari, in quanto se pur può sembrare giusto su due piedi lasciar andare via il rapinatore perché non rappresenta più fonte di pericolo, entra in ballo l’elemento psicologico di colui che ha subito il furto.

La persona che ha premuto il grilletto contro il rapinatore,  potrebbe da questi avere ricevuto  in precedenza minacce. Oppure, come molto spesso accade, potrebbe essere rimasta vittima dell’ennesimo furto e pertanto nel suo stato d’animo si sia innescato un odio cieco verso ogni individuo che viva di delinquenza.

E sull’argomento odio, per di più, è bene che si specifichi anche che molta colpa è da attribuire alla giurisprudenza, per i motivi sopra esposti, ovvero che a pagare venga chiamata la persona onesta più di quella disonesta.

A questo punto sarebbe necessario che gli esperti si mettessero a tavolino a concludere la questione, voltando lo sguardo verso quei paesi dove le armi sono autorizzate, come la Svizzera e il colosso degli Stati Uniti d’America,  che in proporzione contano un numero inferiore di omicidi rispetto al nostro Paese.