SERIAL KILLER, IL MOSTRO DELLE NOTTI PIOVOSE

di Roberto Fiordi

Purtroppo gli omicidi sono all’ordine del giorno in qualsiasi paese del mondo. Pur rientrando ogni omicidio su fatti di cronaca nera, ce ne sono alcuni più cruenti di altri che, tuttavia, possono arrivare persino a influenzare la politica, a fare cronaca per lungo tempo sui quotidiani, a scuotere la coscienza della gente, e a infondere terrore fra le persone, specie quando il caso resta irrisolto e il killer in libertà.

È il caso, per esempio, del Mostro di Udine. Un caso meno noto rispetto a quello del Mostro di Firenze, meno pubblicizzato, ma in ogni caso non meno spietato. Si tratta di una storia che conta ben 16 delitti, avvenuti fra il 1971 e il 1991, che ha visto coinvolte tutte donne, di cui la maggior parte erano prostitute. Tuttavia, secondo l’organo inquisitore, solo 4 di tali delitti hanno un legame comune: le vittime sono state uccise nella stessa maniera .

Gli omicidi sono avvenuti nella provincia di Udine e pare che il movente, secondo le teorie del medico legale dottor Moreschi, riguardi la pesante delusione, da parte del principale indiziato, di non aver potuto esercitare la professione medica per cui aveva studiato.

L’identikit che fu fatto sul probabile killer di queste donne, si basò su princìpi ben dettagliati: un borghese laureato in ginecologia, che mai aveva svolto l’attività. Un soggetto al quanto schizofrenico. Questo era il ritratto del principale indagato, ma che il pm non ha mai ritenuto che ci fossero sufficienti elementi per condurlo al processo.

Quando si sono verificati i primi delitti del Mostro di Udine, l’Italia si trovava ad affrontare una fase molto complicata dal punto di vista politico e sociale. La logica politica si era, infatti, profondamente estremizzata da tramutarsi in una vera e propria lotta armata, con violenze di piazza, atti di terrorismo puro e crudo, e sequestri di persona.

Anche le vie di Udine erano così teatro di continue guerriglie urbane, con le forze dell’ordine impegnate a riportare equilibrio in quelle strade che erano oramai in pugno ai brigatisti della fazione friulana. Le porte e le finestre si trovavano a essere sprangate per il freddo dell’inverno e per il terrore di quanto stava accadendo; e intanto, nelle notti piovose, si aggirava uno spietato individuo per avvicinare le sue prede, per poi sgozzarle e aprirle il ventre.

Il primo omicidio avvenne nel 1971 e a cadere nella ragnatela omicida fu Irene Belletti, una presunta prostituta – da quanto riportano le notizie – 19enne ritrovata morta dentro la propria auto nei pressi della stazione, dove molto probabilmente si era appartata con il suo assassino.

A seguito di questo delitto, il ventennio successivo segnò un’escalation di omicidi su donne indifese che portarono gli inquirenti a ritenere che le vittime fossero state tutte prostitute; ma in seguito fu scoperto che non era così. Wilma Ghin, che fu assassinata nel 1980 e il suo corpo fu ritrovato carbonizzato, non era una lucciola, come pure non lo era Marina Lepre, donna di 40 anni insegnante elementare e madre di una bimba di 9 anni, uccisa nel 1989.

Il corpo di Marina fu ritrovato lungo il fiume Torre, nella zona di San Bernardo di Godia, con la gola squarciata e un profondo fendente a forma di “S” dal ventre al pube. Un rituale taglio chirurgico che veniva usato anche per i cesarei, ed era l’inconfondibile firma dell’autore che accomunava i 4 omicidi.

Il cerchio dei sospettati si chiuse intorno a una persona che, quando i carabinieri tornarono sul luogo del delitto della signora Marina per effettuare una perlustrazione, se la trovarono di fronte in stato confusionale che chiedeva perdono al Signore. Si trattava di un uomo sulla 60ina in stato delirante.

I carabinieri scopriranno poi da suo fratello che era un uomo laureato in medicina ma che non aveva mai praticato la professione perché affetto da squilibri e che aveva sempre vissuto con la madre e il fratello. Altresì, le indagini avevano scoperto che aveva lavorato presso un ristorante come cameriere e che un suo collega lo aveva sorpreso rintanato mentre simulava su una tovaglia un taglio cesareo.

Fra i sospetti che ricadono tutt’oggi su quel medico mai praticante, c’è anche una telefonata che fece il fratello con un’amica alla quale disse: «Ho dovuto tenere mio fratello chiuso in camera per impedirgli di uscire»; e alla domanda perché, da parte della donna, l’agghiacciante risposta fu:«Pioveva».

Il sospetto è quindi che l’uomo possa avere impedito al fratello di uscire di casa per evitare che commettesse un altro delitto, giacché le lunghe notti piovose erano il richiamo del serial killer per commettere gli omicidi.

Mentre le indagini erano però in corso, il principale sospettato morì di morte naturale. Anni dopo un nuovo elemento venne portato all’attenzione delle autorità da parte della famiglia di Marina Lepre. Si trattò di una chiave che la donna aveva tenuto stretta fra le sue mani quando morì, che però, questa chiave, non risultò compatibile con nessuna serratura di casa loro. Poteva essere appartenuta all’assassino, ma questa domanda non ha mai avuto una risposta, perché in casa del maggiore sospettato le serrature erano state sostituite. E quindi il caso del Mostro di Udine è un caso ancora irrisolto in quanto non ci sono certezze; e dunque il serial killer potrebbe ancora aggirarsi per le nostre città.