VASTO, MARITO UCCIDE L’INVESTITORE DELLA MOGLIE MORTA IN UN INCIDENTE, MA DIETRO AL DOLORE LA PREMEDITAZIONE

di Mario Tappia

Non sopportava la perdita della moglie il panettiere di Vasto, Fabio di Lello, e per vendetta ha sparato tre colpi di pistola al ragazzo di 22 anni, Italo D’Elisa, che a luglio in un incidente stradale aveva causato la morte di sua moglie Roberta Smargiasi.

Dietro al delitto di Fabio Di Lello, il 34enne panettiere di Vasto, nei confronti del giovane operaio Italo D’Elisa, è difficile credere alle parole che l’assassino ha confidato in cella al proprio legale Giovanni Carella. Di Lello avrebbe detto all’avvocato di avere perso la testa di fronte all’insolente sguardo che la vittima era solita assumere nei suoi confronti.

È l’avvocato dell’imputato a sostenere, secondo quanto gli ha raccontato il suo assistito, che il D’Elisa non mostrava segni di pentimento per la tragica sorte dell’incidente. Anzi, assumeva atteggiamenti di strafottenza, soprattutto quando con la moto sgassava di fronte ai suoi occhi per dargli fastidio. E Fabio era depresso. Scioccato per la perdita dell’amata Roberta, che da poco tempo era diventata sua moglie, e che sembra avesse da poco scoperto di essere incinta.

«Roberta era incinta». Sono le rivelazione a un’intervista su Repubblica della madre di Fabio Di Lello. «Sì: non l’abbiamo mai confermato prima d’ora. Erano iniziate le nausee ma volevano farci una sorpresa. La notte in cui è morta stava tornando a casa a preparare il rinfresco per dircelo il giorno dopo».

Fabio era molto innamorato della sua povera Roberta, al punto tale, da quanto sostengono i suoi genitori, che si recava continuamente al cimitero alla tomba della moglie. Sembrerebbe che persino durante la notte scavalcasse il muro di cinta per stare con lei.

E mercoledì scorso il tragico epilogo. Secondo le dichiarazioni raccolte dagli inquirenti, Di Lello, di ritorno dal campo di allenamento a Cupello, incontra Italo in bicicletta che lo osserva con quello sguardo insopportabile di sfida. Di Lello fa così inversione di marcia per andare a dirgli qualcosa e si ferma vicino al bar dove la vittima aveva parcheggiato la bici ed era entrata.

Scende di macchina e lo attende all’uscita del bar per affrontarlo. Sottolinea che non pensava di arrivare a fare quello che poi ha fatto. Quando il giovane 22enne esce dal locale scoppia fra loro un acceso diverbio e Di Lello non ci vede più dalle rabbia, a tal punto che va in macchina, prende la pistola e spara 4 colpi, di cui 3 vanno a segno. Italo si accascia su sé stesso e poi muore.

Questa è la versione dell’imputato, ma ci sono punti che è obbligo chiarire. Il possesso dell’arma in auto è il primo, cosa se ne sarebbe dovuto fare di quella pistola? Inoltre sembra che Di Lello conoscesse abbastanza bene le abitudini e gli spostamenti della vittima, perché? E come?

Ci sono i fotogrammi di una sala giochi che catturano le scene. L’incontro fra i due che non è durato a lungo. Prima il colloquio, poi i colpi che hanno ucciso il giovane.

Dopo l’omicidio Di Lello si è recato al cimitero dalla moglie e ha lasciato la pistola del delitto lì vicino. A recarsi da lui è stato il maresciallo Antonio Castrignanò, che con parole confortevoli ha guadagnato la fiducia di Fabio e lo ha condotto così in caserma.

Adesso l’imputato rischia l’ergastolo. Per la procura si tratta di omicidio premeditato. A spingere il procuratore Giampiero Di Florio, a contestare l’aggravante è una telefonato diretta a Di Lello che da Cupello lo ha fatto dirigere di corsa a Vasto. L’ipotesi della procura è quella che lì a Vasto ci fosse stato un informatore, amico dell’imputato.

Ci sarebbe molto da discutere anche sul possesso di quell’arma regolarmente detenuta e acquistata a settembre del 2016 proprio da Di Lello, quando questi si trovava già in condizioni mentalmente critiche, dovute alle sue ansie, frustrazioni e depressioni. Quando cioè era sotto cura da medici e imbottigliato di psicofarmaci.