A PRATO IL MANUALE DEL NEO-LIBERISMO ALL’ITALIANA

di Patrizia Scotto di Santolo

 

Prato – La  disuguaglianza fa bene – Manuale di sopravvivenza per un liberista, (La Nave di Teseo edizioni), è il libro scritto da Nicola Porro, sposato con due figli, vicedirettore de “Il Giornale”, conduttore televisivo di “Matrix” (Virus-Il contagio delle idee su Rai 2) nonché produttore di vino (nella Tenuta Rasciatano, dal 1600, la famiglia Porro cura e gestisce 300 ettari nel territorio compreso tra Andria, Barletta e Canosa, nel cuore dell’agro murgiano, dove si producono vini e olii importanti).

Ospite a Libri d’Italia, la fortunata e storica kermesse promossa dal Kiwanis club di Prato, patrocinata dal Comune cittadino, grazie all’impegno di Stefano Coppini, moderatore della serata, nel teatro dell’Istituto Cicognini, si è aperto un dibattito partendo proprio dal titolo del libro del suo autore sulle disuguaglianze e a chi giovano.

«Qualcuno dice che fa bene solo ai ricchi, ma io sostengo una cosa diversa – ha risposto lo scrittore – la disuguaglianza fa bene a tutti, il problema è che ci siano uguali opportunità per tutti e uguali diritti per tutti. Il punto di partenza deve essere uguale per ognuno di noi, poi, dopo – la invochiamo sempre – se meritocrazia ci deve essere, vuol dire che qualcuno è in grado di andare avanti e qualcuno invece resta indietro, altrimenti la meritocrazia non esisterebbe. Chi pensa alla meritocrazia pensa che la disuguaglianza faccia bene, altrimenti non crede alla disuguaglianza».

«Per quanto mi riguarda – continua il giornalista – mi definisco un estremista liberale e di destra e quando sostengo che la disuguaglianza fa bene non è certo una provocazione. Negli ultimi 40 anni, abbiamo assistito alla diffusione di un modello scolastico gramsciano, con questo mio libro, dedicato soprattutto ai giovani tra i 16 e i 26 anni, tento di  rivendicare il pensiero di grandi filosofi liberali del Novecento, poco studiati nelle aule scolastiche, come Karl Raimund Popper, e poi Thomas Jefferson, Vilfredo Pareto, gli esponenti della  Scuola Austriaca Von Mises e Hayek, a Ricossa e Martino, Smith, da Houellebecq a Piketty, Enaudi, al grande scrittore di fantascienza William Gibson che ci ha raccontato Facebok con 20 anni di anticipo».

Un modo quello del giornalista di rivendicare quella cultura liberale che, secondo il suo punto di vista, è stata minoritaria “anche la destra legge” e molto spesso messa in disparte dalla storia del nostro Paese, anche perché in Italia i liberali sono stati accusati, negli anni Venti, di aver aperto la strada al fascismo con il fallimento dei loro governi e dopo di non aver mai espresso un pensiero forte. «Il mio è un libro – incalza Nicola Porro – che può definirsi un manuale teorico e divulgativo allo stesso tempo, anche se sono convinto che il pensiero liberale oggi è molto più diffuso di quanto sembri».

Porro parla, poi, della ricchezza, di quella prodotta e non di quella metafisica fatta sul debito e ci racconta che a lui più che San Francesco gli è simpatico Bernardone, il papà del Santo d’Italia che, ricorda – «ricchissimo mercante, consentì al figlio di acculturarsi, in una epoca in cui si moriva di fame, di povertà e malattie, per cui San Francesco altro non è che “il prodotto” di un ricco mercante borghese, ovvero quasi un paradosso perché dalla ricchezza nasce un Santo che predica la povertà e che si spoglia a sua volta della propria ricchezza. È questo il caso in cui la ricchezza genera ricchezza filantropica che si manifesta nella coscienza del dare».

Sulle tasse e l’istruzione  spiega che “se non ci fossero le tasse i nostri figli non combinerebbero granché, perché la retta copre circa un ottavo di quanto costa uno studente universitario. Ciò vuol dire che i restanti sette ottavi sono a carico della collettività. L’inverosimile  è che i pochi laureati (rispetto alla popolazione italiana) si sono fatti pagare l’università da coloro che non l’hanno fatta..!! L’Italia, povera e analfabeta degli anni ’50 apriva le fabbriche contribuendo alla nascita del boom economico, oggi invece che viviamo in una società giusta, equa solidale, più colta rispetto al passato, assistiamo, invece all’apertura di bar, ristoranti e gelaterie.

Elogia, poi, Adam Smith che è forse il filosofo ed economista liberale più conosciuto ma meno letto che esista, a cui Marx deve gran parte della sua influenza anche al fatto che il suo Manifesto fu scritto in modo sintetico e semplice. Smith nel 1776 scrisse il punto di riferimento di ogni liberale con “La ricchezza delle Nazioni”. Tra i principi del “laissez-faire”, c’è la convinzione che lo Stato debba intervenire il meno possibile nelle faccende economiche, per lasciare il maggior grado di libertà all’iniziativa privata perché, afferma il giornalista  – «se come Stato devo cercare di fare il meglio ma non posso arrivare a fare tutto perché ho dei limiti oltre i quali non posso andare, ben venga l’iniziativa privata, se essa serve in quei settori utili al cittadino. “La libertà è più importante dell’uguaglianza” e lo Stato ha il compito di mettere tutti nelle condizioni migliori per produrre la ricchezza, perché senza di questa, la povertà non si potrà mai battere».

«La nostra è una cultura statalista, – conclude ed è convinto Nicola Porro – che non pensa agli individui e l’idea di essere tutti uguali, come ad esempio di poter avere tutti lo stesso reddito, è impossibile. L’uguaglianza può essere possibile, solo se abbiamo tutti  le stesse opportunità. Il vero problema di oggi è la povertà e non la disuguaglianza. Non è togliendo ai più ricchi che si risolve il problema della povertà, la quale potrà essere scongiurata solo creando maggiori e uguali opportunità per tutti».

«Il mio libro – infine – si può anche definire il risultato di un frustato liberale, che cerca di rivendicare un liberismo che si rifaccia ai principi della Destra, quasi  un contagio del pensiero liberale e non una rivoluzione come quella francese di fine settecento».

fonte Stamp Toscana