GIORNO DELLA MEMORIA, A MONTEMURLO ANDRA BUCCI, LA PIÙ GIOVANE SOPRAVVISSUTA ITALIANA AI CAMPI DI STERMINIO

Montemurlo – Aveva 4 anni quando fu deportata insieme alla sorella, Tatiana, 6 anni, nel campo di sterminio di Auschwitz e tenuta in vita per essere usata come cavia per gli esperimenti condotti dal dottor Joseph Mengele. Questa mattina Andra Bucci ha raccontato la sua terribile storia ai ragazzi della scuola media “Salvemini – La Pira” di Montemurlo

Quando Andra Bucci inizia a parlare sembra quasi sussurrare tanto la sua voce è lieve, ma le sue parole sono pese come macigni e arrivano dritte al cuore dei quasi duecento studenti della scuola media “Salvemini- La Pira”, che stamattina alla Sala Banti di Montemurlo hanno partecipato all’iniziativa per il Giorno della Memoria, promossa dal Comune di Montemurlo con il Museo della Deportazione di Prato e il sostegno della sezione soci di Prato di Unicoop Firenze. « La parole e le storie raccontate dagli ultimi testimoni dell’orrore dell’Olocausto sono come un dono che vogliamo fare ai nostri ragazzi, per dare una scossa alle loro coscienze, per far arrivare chiaro un messaggio:l’indifferenza non può prevalere. I simboli sono importanti, perché dietro all’immagine della svastica disegnata su un muro, dietro all’immagine di Anna Frank con la maglietta della Roma stanno storie di immane dolore di fronte alle quali occorre indignarsi, reagire. La memoria ci deve insegnare che la storia può ripetersi e sta a noi cogliere i segnali, affinché tutto ciò non si ripeta», ha detto la presidente del consiglio comunale, Antonella Baiano, a cui ha fatto seguito la presentazione della direttrice del Museo della Deportazione di Prato, Camilla Brunelli, che ha introdotto la testimonianza dell’ex-deportata.

Andra Bucci, figlia di una coppia mista, il padre cattolico e la madre ebrea, nel 1944 aveva appena 4 anni quando, insieme alla sorella, Tatiana, alla madre e alla nonna fu prelevala dalla sua casa di Fiume e deportata ad Auschwitz-Birkenaudove fu tenuta in vita per essere usata come cavia per gli esperimenti condotti dal dottor Joseph Mengele. Andra, 78 anni, è oggi la più giovane sopravvissuta italiana ai campi di sterminio e stamattina ha raccontato i suoi ricordi agli studenti, che l’hanno ascoltata in silenzio e con commozione. Lo stridore dei freni del carro merci, che dal campo di concentramento della Risiera di San Sabba a Trieste l’ha portata fino ad Auschwitz, l’abbaiare feroce dei cani dei nazisti, le piramidi bianche di morti ricoperti dalla calce, sono queste le immagini, i suoni, che sono rimasti impressi indelebilmente nell’anima di questa donna esile e mite, proprio come il tatuaggio che ancora porta sul braccio:« Quando siamo arrivati ad Auschwitz ci hanno tatuato e così siamo diventati un numero, nel mio caso il 76483. – dice Andra – La mamma, quando veniva a trovarci nella nostra baracca ci ricordava sempre i nostri nomi, Andra e Tatiana, perché nel campo nessuno ci chiamava più con i nostri nomi, eravamo solo numeri. Non ho mai pensato di togliere questo tatuaggio, perché fa parte di me, della mia storia e anche se lo rimuovessi rimarrebbe impresso nella mia anima. Oggi lo porto quasi con fierezza per far vedere che alla fine sono io che ho vinto, sono io che sono tornata da quell’orrore». Non ebbe la stessa fortuna il cuginetto di Andra, Sergio De Simone, che fu preso dalla baracca dei bambini e trasferito campo di concentramento di Neuengamme dove subì orribili esperimenti e trovò infine la morte. Il 27 gennaio 1945, con la liberazione di Auschwitz, Andra e Tati furono portate a Praga. Un anno dopo, nell’aprile del ’46, vennero trasferite in Inghilterra. La madre e la zia si salvarono e, alla fine, si ritrovarono. «La mamma da allora non ha mai voluto parlare di questa storia. Zia Gisella invece ha continuato a cercare Sergio. Solo nel 1983, un giornalista tedesco scoprì la fine che Sergio e altri 19 bambini. La zia però, fino alla sua morte, ha continuato a sperare, che qualcuno avrebbe suonato alla porta e Sergio sarebbe tornato da lei».

Durante l’incontro è intervenuto anche Roberto Meoni, figlio di Erasmo, montemurlese deportato nel campo di concentramento di Mauthausen in Austria, dove ha trovato la morte.

Ai 170 ragazzi delle classi terze della scuola media è stato distribuito il volume “Meglio non sapere” di Titti Marrone, romanzo che racconta la storia delle sorelle Bucci, donato dalla sezione soci di Prato di Unicoop Firenze.