LA TORRE DEL DIAVOLO

di Roberto Fiordi

Sulla vetta dell’antico e caratteristico borgo medievale di Poppi, nel Casentino in provincia di Arezzo, svetta dominante un importante castello da cui erge un’elevata torre dalla forma quadrata, battezzata con il nome di “Torre del diavolo“. Il nome della torre è affidato a una lontanissima leggenda che racconta di una bellissima quanto lussuriosa nobildonna, tanto impudica da potersi considerare una vera e propria “mangiatrice di uomini“, che a causa del suo vizio fu rinchiusa nella torre da dove non è più uscita.

Non è più uscita da viva, però sembra che il suo spettro si aggiri per il maniero. C’è chi giura infatti, di avere avvertito, in alcune particolari notti, la presenza della nobildonna vagare nei dintorni del castello alla ricerca di uomini da conquistare, per saziare il proprio irrefrenabile desiderio.

La suggestiva vallata del Casentino, che assieme al castello si trova nel cosiddetto “Parco nazionale delle Foreste Casentinesi“, è testimone di altri orripilanti fenomeni in linea col paranormale, quelli di sferraglianti rumori di armi che provengono dal cortile del castello durante le notti di luna piena.

La storia del maniero, considerato dagli esperti uno degli esempi più rappresentativi e importanti dell’architettura medioevale, parte dalla famiglia dei Conti Guidi, dove vi era un uomo feroce, un certo Guido, che con le sue scorribande aveva sconvolto tutto il Casentino e che veniva persino definito con l’appellativo “Bevisangue“, perché dopo le sue battaglie osava leccare la lama della spada imbevuta di sangue del nemico appena trafitto.

Ma il castello è stato testimone anche di sanguinosi scontri fra cavalieri che si affrontavano per la famiglia dei Conti Guidi. Ebbene, all’interno di queste mura, che pare essere un luogo senza tempo, i duellanti combattevano l’un l’altro sino alla morte di uno dei due e per chi aveva la peggio il suo corpo non veniva fatto uscire dal castello ma veniva seppellito al suo interno.

E a distanza di tempo questo monumento, dall’imponente torre che domina la valle, oltre che subire il fascino architettonico, subisce anche quello sinistro. Sì, il fascino sinistro di quei suggestivi rumori che provengono dall’interno nei pleniluni, provocati dallo stridore delle armi, ma che poi al mattino svaniscono nel nulla e il castello ritorna nell’assoluta normalità, pronto ad aprire le porte ai visitatori.

Si dice che a provocare quei  rumori siano gli spettri dei cavalieri uccisi e poi sepolti in una specie di sepolcro fatto costruire appositamente all’interno delle mura del castello per conservare i corpi, i quali ancora oggi – secondo appunto testimonianze – si aggirano dentro.

La storia invece della lussuriosa contessa da cui la torre ha preso il nome, e il cui spirito si dice che si muova nei dintorni del castello ancora alla ricerca di uomini da sedurre, narra che Matelda, questo era il suo nome di battesimo, nei matrimoni combinati come usavano fare a quei tempi, andò in sposa, controvoglia, a un uomo molto più anziano di lei.

Ma la differenza di età che correva fra i due coniugi, non riusciva a saziare i desideri sessuali della contessa, che nel fiore dei suoi anni, iniziò a guardarsi intorno e ad accorgersi della torma di giovani pretendenti che si arenavano sotto la torre per lei, per ammirare la sua bellezza. Ma così facendo, a poco a poco, i sui appetiti la indussero all’adulterio e i pretendenti non si faceva certo pregare per soddisfare i desideri carnali della bellissima nobildonna dai modi molto affabili.

Ma i modi molto gentili della contessa Matelda erano solo la copertura di uno spirito assai diabolico. Matelda aveva una particolare predisposizione per i menestrelli, giovani e belli, che andavano a corte a consolare con i loro canti le lunghe notti della contessa.

Se pure insaziabile, la bellissima Matelda non era però una donna sprovveduta, e mai avrebbe voluto che si arrivasse a profanare la sua purezza di nobildonna e che il proprio nome venisse macchiato dai probabili racconti del giovane di turno, racconti che sarebbero poi giunti anche alle orecchie del marito. La discrezione, per il ruolo di dama che ricopriva, era fondamentale. E per evitare ciò uccideva tutte le volte l’amante di turno.

Per far questo aveva studiato un piano diabolico. Faceva uscire i suoi amanti da un passaggio segreto promettendo loro un premio in denaro in cambio del silenzio, oppure un altro incontro. La sorpresa dell’amante non era però la piacevole sorpresa che lei aveva promesso, ma quella di ritrovarsi all’interno di un pozzo irto di lame. Un vero e proprio trabocchetto.

La storia andò avanti per molto tempo, fintantoché si era trattato di menestrelli che non si sapeva nulla di loro, nemmeno da dove venissero, ma la cintola si strinse quando iniziarono a sparire i giovani e belli del posto. Con il passare del tempo sorsero seri dubbi fra gli abitanti di Poppi, dubbi che poi si tramutarono in certezze. Forse perché una volta il trabocchetto non funzionò come avrebbe dovuto. Fatto sta che in assenza dei Conti Guidi e delle loro guardie, il castello fu preso d’assalto dal popolo di Poppi che rinchiuse la bella Matelda in una stanza della torre dove finì i suoi giorni.

Fra le storie che si annidano attorno al maniero di Poppi, c’è anche quella del menestrello Grifo che ospite dei Conti Guidi, rimase vittima di uno scherzo che sembrava essergli costata la vita.

La malcapitata vittima ebbe la malaugurata iniziativa, durante un ricevimento, di raccontare alla nobile famiglia che l’ospitava di un presunto incidente che gli era capitato con la statua di Guido di Simone da Battifolle, dove questa statua gli aveva porto davanti le braccia, recandogli un grande spavento. La famiglia Guidi aveva considerato, però, che la visione della statua che si era mossa, fosse dovuto agli effetti del buon vino che il menestrello si era ingozzato.

In fede alla storia del povero Grifo, uno dei conti si vestì con l’armatura del conte Simone da Battifolle e in piena notte lo andò a svegliare urlando e minacciando che lo avrebbe gettato in un trabocchetto del castello. Dallo spavento sembrò che il terrorizzato Grifo avesse perso la vita.

Il corpo della povera vittima fu così sistemato all’interno di una bara e messo nel sotterraneo del castello, ma tre giorni dopo, due anziane persone, scesero giù per dargli la definitiva sepoltura ma trovarono una sconvolgente sorpresa che le fece gridare e perdere i sensi.

Il grido delle due persone, spinse altri a scendere giù per andare a vedere che cosa era successo,  ed essi trovarono le due persone anziane distese per terra, la bara schiodata e la figura, ingiallita e rinsecchita, del menestrello, avvolta in un lenzuolo, che strisciava lungo la scala per salire.

Si presume quindi che il menestrello non fosse mai morto, e se anche ci volle un po’ di tempo per rimettersi in salute,  da allora i Conti Guidi lo tennero per sempre con loro, anche se per le persone del paese egli rappresentava l’immagine del morto resuscitato.