L’esorcismo di Roland Doe. La storia che ispira prima il libro e poi il film: “L’Esorcista”

Sono stati in molti ad avere visto il film “L’Esorcista“, ma anche chi non lo avesse visto ne ha comunque sentito parlare, perché è uno dei film più spaventosi di tutti i tempi. Un film diretto da William Friedkin, che uscì nel 1973, tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty. Lo scrittore che s’ispirò ad una storia vera, la storia di Roland Doe.    

Ci troviamo alla fine degli anni ’40 e Roland Doe è un bambino di solo 14 anni che vive nel Maryland, uno Stato federato sulla costa orientale degli Stati Uniti d’America, bagnato dall’oceano Atlantico. È un ragazzino come tanti. È studioso, ma anche timido e riservato, per questo non riesce a legare bene con i suoi coetanei. Preferisce la compagnia di gente più adulta, motivo per cui i suoi unici amici sono gli stessi membri della sua famiglia.

È figlio unico, di genitori tedeschi luterani. Ha una zia alla quale tiene molto, zia Harriet. Ma zia Harriet è una famosa spiritista. Il piccolo ama la compagnia della zia, con lei trascorre interi pomeriggi a casa di lei. Zia Harriet vive in una casa circondata di oggetti occulti e maledetti, che creano un certo fascino agli occhi del ragazzino, e in modo particolare uno di questi: una tavola Ouija. La tavola con cui la zia Harriet evoca gli spiriti.

Ronald è curioso di sapere come funziona quella tavoletta dotata di particolari poteri. La zia lo accontenta e per il ragazzino quella tavoletta diventa una vera ossessione.

Il piccolo Roland passa molto tempo assieme alla zia, anche perché è la sua unica vera amica. Assieme fanno un uso quasi ininterrotto di quella tavoletta. Fino a quando però, ahimè, la zia non muore. Manco a dirlo, muore in circostanze misteriose. E Per Roland è un duro colpo. Un duro colpo dal quale non riuscirà più a riprendersi. 

La mancanza della zia è troppo soffocante per lui, al punto di spingerlo ad usare la tavoletta Ouija per mettersi in contatto con lo spirito della zia defunta. La tavoletta sarebbe potuto essere l’unica maniera per avere contatti con l’amata zia. Un pretesto anche perché lei potesse essere fiera di suo nipote. Ma questa diventa la sua condanna.  

Quando Roland si avvicina emozionato alla tavoletta succede qualcosa d’insolito. Nel momento che poggia una moneta sulla tavoletta, la tavoletta gli scaglia addosso una maledizione. E in casa si verificano fenomeni anomali, fenomeni inspiegabili.

L’intera famiglia inizia ad avvertire strani rumori provenire da dentro. Rumori misteriosi. Rumori che escono dalle pareti di casa. Dal pavimento. Gocce d’acqua che cadono da qualche parte. Ma da dove non lo sanno. Il padre del ragazzino controlla le tubature della casa, spacca diverse sezioni di muro da cima a fondo, ma tutto funziona perfettamente. 

La famiglia cerca di ignorare certi rumori, ma è una cosa impossibile. Ai rumori dell’acqua si aggiungono quelli di graffi alle pareti, poi di passi. Di passi  così potenti che svegliano la famiglia nel bel mezzo della notte. Gli stessi rumori si sentono anche durante il giorno.

La vicenda si fa ancora più spaventosa quando in quella casa tutto inizia a muoversi inspiegabilmente. I mobili si spostano, i soprammobili cadono. I vetri si frantumano. Le immagini sacre vengono scaraventate a terra. Ma cosa sta succedendo? Sono cose fuori dall’ordinario comune. Cose lontane da dove la mente umana è in grado di arrivare.

È lo spirito della zia defunta che si muove in quella casa. Certamente i sospetti della famiglia ricadono su di lei. Su questa donna defunta. La vita per la famiglia Doe è ossessionata da queste crude realtà senza tempo e senza fine.

Ma la situazione precipita ancora quando il timido, consueto, studioso e solitario Roland si trasforma e diventa irascibile, violento, aggressivo e comincia a bestemmiare con una voce che non è più la sua. Un giorno il piccolo si sveglia ricoperto di graffi e lividi, senza sapere chi e come se li fosse procurati.  

Gli eventi non accennano ad arrestarsi, anzi giorno dopo giorno aumentano di frequenza e intensità. Insospettita dagli strani rumori provenienti dalla stanza di Roland, un giorno la madre apre la porta di camera del figlio e vede lui disteso sopra il letto in preda a forti convulsioni.

L’entità che infestava la casa segue Roland ovunque andasse. Ci sono testimonianze che asseriscono che il suo banco di scuola leviti. La famiglia traccia tutte le ipotesi possibili. Consulta continuamente medici, psichiatri, ma il ragazzino è sano come un pesce. Decidono dunque di rivolgersi ad un sacerdote. 

È il prete luterano Miles Schulze a interessarsi del caso. Inizialmente è scettico, ma quando vede negli occhi del ragazzo comparire uno sguardo cupo, si rende conto che la situazione è diversa da come aveva immaginato. Lo sguardo di Roland era uno sguardo come se non ci fosse nulla dietro ai suoi occhi. Decide di trascorrere qualche giorno in quella casa maledetta e in sua presenza si manifestano quei segni di cui gli aveva parlato la madre del ragazzino.

Prova a formulare un semplice rito luterano, però non ha nessun effetto su Roland. E allora capisce di aver a che fare con una forza troppo potente per lui e indirizza la famiglia dal prete cattolico Edward Albert Hughes.

Hughes inizia la sua pratica parlando con Roland Doe e con i genitori del ragazzino, seduti attorno ad un tavolo. Mentre sta parlando, dalla sua borsa estrae la Bibbia e la poggia sopra il tavolo. In quel momento il ragazzo sta tenendo gli occhi chiusi. Non sa che cosa si trovi davanti a lui, ma improvvisamente la sedia inizia a muoversi. A sollevarsi da terra con il ragazzino ancora seduto sopra. Hughes gli chiede in latino: «Chi sei?»,  e Roland gli rispose, sempre in latino: «Io sono una legione».

Il prete rimane sorpreso. Come può essere che un ragazzino di appena 14 anni, studioso quanto possa essere stato, conosca così bene il latino? E ancora peggio, la risposta di Roland voleva significare che c’era più di un’entità che si era impossessata del giovane. E di fronte a ciò Hughes è schietto con sé stesso: è necessario ricorrere all’esorcismo.

È difficile però per lui affrontarlo. In realtà è il suo primo esorcismo e si rende conto di non sentirsi ancora pronto per affrontarlo. Timoroso di prendere a mano la situazione decide allora di portare il piccolo Roland a un ospedale gesuita, al Georgetown University Hospital, fiducioso dell’assistenza da parte di altri frati gesuiti.

La situazione si complica ulteriormente non appena l’indemoniato varca la soglia dell’ospedale. Tutta l’energia che ha in sé esplode. Dalla sua bocca escono urla disumane, volano calci pugni dappertutto: contro tutto e contro tutti, sputi in faccia alle persone. Non è facile arrestare quella furia scatenata. Ci riescono dopo molte fatiche gli infermieri, che lo immobilizzano con cinghie. Macché, la furia si libera più irrequieta di prima e nell’impeto ferisce Hughes ad un braccio.  

È necessario sospendere il rito. Roland viene riportato a casa. Nelle settimane successive altri sacerdoti tentano di praticare l’esorcismo sul ragazzo, ma ognuno di loro va incontro a terribili stranezze: c’è chi afferma che durante il rito sono comparsi sul corpo di Roland dei lividi che formavano delle parole come “Hell” o “Evil”, che vogliono dire “inferno”, “male”.

Dopo oltre 30 esorcismi, la pratica passa nelle mani di  Padre Bowdern, che tenta di battezzare l’indemoniato e cerca di costringerlo ad assumere la comunione.

Al momento che viene mostrata l’ostia, Roland si trasforma in una bestia. In un essere con una forza disumana. Urla più di un pazzo. Scaraventa le persone presenti in terra. Sembra impossibile riuscire a bloccarlo. Ma con la buona volontà e la tanta fatica da parte tutti ci riescono; e riescono a fagli ingerire anche il Corpo Santo.

Per molti giorni però non si manifesta nessun effetto. L’ennesimo fallimento. Ma poi un giorno accade qualcosa di strano. Roland si sveglia dal sonno profondo e con voce limpida pronuncia queste parole: «Satana! Satana! Sono San Michele e tu Satana e gli altri spiriti maligni vi ordino di lasciare il corpo ora!»       

Dopo quest’urlo Roland Doe cade addormentato. Pare non vi sia più alcun segno di possessione diabolica in lui. Anche i segni sul suo corpo scompaiono lentamente. E quando il ragazzino si risveglia è completamente guarito. E non ricorda nulla di quanto accaduto. L’esorcismo è dunque riuscito.

Il nome Roland Doe pare che comunque sia un nome dato di fantasia, perché la vera identità di questo ragazzo entra a fare parte dei lati oscuri di questo storia realmente accaduta. 

 

 La vera identità del ragazzo però rimane ancora avvolta dal mistero, e anche se si parla comunemente di “Robbie Mannheim” e  “Roland Doe” non è difficile credere si tratti di semplici pseudonimi e che la reale identità del ragazzino sia ancora segreta, anche se non si sa perchè.