UN NETTO E CHIARO NO A RENZI

Governo italiano dimissionario alla risposta degli elettori sul referendum costituzionale. Il premier salito al Quirinale, Matteo Renzi, aveva forse fin troppo imboccato la riforma alla Costituzione in maniera ad personam ma il responso degli elettori italiani al referendum di domenica 4 dicembre 2016 è stato chiaro: il 60% degli aventi diritto ha votato per il No e il restante 40 per il SÌ. E sulla «mea culpa» il premier ha rassegnato le dimissioni.

 

«Ho perso io. La poltrona che salta è la mia. Il mio governo finisce qui». Sono state queste le parole rilasciate con commozione da Matteo Renzi dinanzi a un elettorato fortemente sfavorevole. Un risultato che non si aspettava. Lo rivela lui stesso: «Non pensavo mi odiassero così tanto».

Esultano i grillini che chiedono al Capo dello Stato di andare subito alle urne rispettando anche quel sistema elettorale soprannominato “Italicum“: una legge elettorale battezzata così da Matteo Renzi nel 2014 e che il partito di Beppe Grillo ha sempre contestato. Adesso, tuttavia, a seguito delle dimissioni dell’ex premier, il Movimento 5 Stelle scalpita come un cavallo imbizzarrito per andare immediatamente al voto, dichiarandosi favorevole a mantenere il sistema Italicum con una semplice correzione al testo.

Dello stesso parere dei grillini sono anche i partiti di Salvini (Lega Nord) e Meloni (Fratelli d’Italia); mentre di pare diverso è Forza Italia che ritiene debba essere il Pd a farsi carico della situazione con un nuovo premier.

«Il Pd indichi un nuovo premier», è quanto ha sostenuto il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, «che prenda finalmente in mano il governo del Paese visto che Renzi nell’ultimo anno ha fatto solo campagna elettorale, ha perso solo tempo con due schiforme: quella elettorale e quella costituzionale che sono state spazzate via. Il Pd ha la maggioranza sia alla Camera che al Senato, Renzi vada a casa e il Pd garantisca il governo: può essere anche Grasso o Padoan», ha concluso.

Il risultato del referendum costituzionale di domenica 4 dicembre, sono in molti a sostenere che più che essersi trattato di un No perché la popolazione italiana non fosse intenzionata a cambiare le cose, è stato un No contro il premier in carica. Gli italiani si lamentano tutti delle troppe spese che lo Stato si trova a dover affrontare per l’esubero dei parlamentari, questa è solo una delle cose che riguardavano la riforma, ma se il 59,11% ha scelto No è perché Matteo Renzi forse in qualcosa ha sbagliato. Ma che cosa?

L’errore più grosso dell’ex Presidente del Consiglio italiano è stato di aver fin da subito personalizzato il referendum sulle riforme. Il referendum tanto atteso da Matteo Renzi non era obbligatorio che venisse fatto. La Costituzione non lo richiede. Lo richiede qualora la maggioranza non raggiunga i due terzi e lo richiedano un quinto dei membri di una Camera, 500mila elettori o cinque assemblee regionali. Ma Renzi non ha voluto attendere che fossero le opposizioni a chiedere il parere popolare: forse certo del suo personale 40% delle elezioni europee del 2014, o forse scettico in primis di sé stesso e soprattutto sui giudizi del popolo italiano nei suoi confronti e ha voluto un chiarimento. Se così fosse lo avrebbe ottenuto. Quasi certamente se la riforma costituzionale non fosse stata personalizzata così tanto intorno alla figura di Matteo Renzi, il SI sarebbe stato favorito. È bene che un leader prima di muoversi così avventatamente in una netta direzione faccia i suoi conti. La riforma  Boschi-Renzi avrebbe permesso all’Italia di fare un grande passo avanti verso la stabilità politica al pari dei suoi partner europei, forse con qualche modifica da condividere con l’opposizione, ma fatta in questo modo il referendum si è trasformato in un voto sul governo in carica.

Però adesso cosa ne sarà del Paese? Mattarella provvederà a inserire l’ennesimo Governo transitorio? Se così fosse, quanto tempo durerebbe? Per muoversi subito verso le elezioni tanto sospirate dal partito di Berppe Grillo il Paese non sarebbe pronto, ci vorrebbero quei mesi di tempo per organizzare tutto. Sarebbe forse il caso che il Governo transitorio avesse una data d’inizio e una di fine mandato a priori.