STORIE DI VITA SPECIALI, STORIE VERE

di Roberto Fiordi

Rassegna Pari Opportunità per diverse abilità

 

Montemurlo – Sabato 27 giugno 2017, alle ore 10.30 del mattino, si è svolto alla sala Banti, il terzo e ultimo incontro della rassegna “Pari Opportunità per diverse abilità“, organizzata dall’assessorato delle pari opportunità del comune di Montemurlo in presenza dell’assessore Luciana Gori, delle rappresentanze delle associazioni AVIS e AIDO, rispettivamente Giancarlo Casaioli Roberto Fiordi, di Luana Grossi, di Roberta Chiti, dirigente area servizi alla persona e della scrittrice Laura Mazzeri, che ha presentato il suo libro autobiografico, “Tra due vite“, che tratta la sua storia; una storia importante, in grado di far riflettere tutti.

Il tema centrale della rassegna è stato la “Donazione“, con l’obbiettivo di far capire agli spettatori l’importanza del donare. E l’assessore alle pari opportunità e alle politiche sociali, Luciana Gori, ha aperto il dialogo introducendo l’argomento in questione e sottolineando, opportunamente, che donare è un qualcosa di assolutamente morale, a prescindere di avere qualcosa in cambio dal punto di vista economico.

Perché donare vuol dire concedere, dare in dono, offrire qualcosa senza avere nulla in cambio; e la certezza vera, quella concreta, di colui che dona gli organi, o che dona il proprio sangue, oppure il suo tempo libero, è quella che tutto nasce dal suo cuore. Donare gli organi e donare il sangue vuole dire donare la vita a chi purtroppo la sta perdendo; e oltre a essere un’espressione di grandissima generosità e altruismo, è puro segno di civiltà.

È proprio su questo punto che la scrittrice Laura Mazzeri ha improntato il suo libro e la storia che ha raccontato di fronte ad un pubblico formato anche di alunni della scuola media che, nonostante la loro giovane età, ha seguito con interesse e attenzione l’argomento. È molto importante promuovere l’iniziativa solidale sulla donazione rivolgendosi anche ai più giovani, in modo tale che fin da adesso possano riflettere e capire l’importanza che sta dietro a tutto  questo e un domani vi sia una maggiore partecipazione solidale.

La scrittrice ha voluto evidenziare anche, nel suo monologo, quanto sia importante che ognuno di noi riesca sempre a trovare una forza interiore per guardare avanti oltre l’ostacolo, dicendosi di potercela fare anche di fronte a difficoltà insormontabili. Di sé ha raccontato che improvvisamente, dalla quotidiana vita di sempre, si è ritrovata a passare il suo tempo fra letto di casa e ospedale per la particolarità della sua malattia.

Un dramma, quello della malattia, che in certe situazioni ha vissuto veramente male, sentendosi al perso, convinta di non potercela mai fare, ma ciononostante – ha spiegato – che ha sempre cercato di lanciare il proprio cuore oltre l’ostacolo. Ed è qui che si è soffermata per fare una brevissima narrazione del film “La morte sospesa” che ha riportato anche nel suo libro.

Il film narra la storia di 2 alpinisti alle prese con una scalata di alpinismo puro, ovvero senza bussola e senza aiuti all’infuori di una corda, e durante l’arrampicata per raggiungere la vetta del Siula Grande in Perù, uno dei due cade e resta sospeso nel vuoto aggrappato alla corda retta dall’amico, seduto sul ghiaccio. Dopo qualche ora di sforzo, però, l’amico è costretto a seguire le regole della montagna e recidere quindi la corda perché non è più in grado di sorreggerla e andare in cerca d’aiuto, con la speranza dentro che l’amico possa cadere in qualcosa che lo faccia appoggiare.

Ma il malcapitato, una volta staccato dalla corda, cade in un crepaccio e si frattura. Questi, a quel punto, teme per la propria vita, sospetta che non ci sia più nulla da fare, ma spinto forse dalla disperazione – che talvolta è fonte di energia vitale – facendo un passo per volta si sforza di raggiungere la bocca del crepaccio riuscendo nella disperata impresa. Come se non bastasse, seguendo la medesima pratica fatta di forza, volontà e coraggio, ha raggiunto persino il campo base. Si tratta di una storia vera, una storia da cui hanno tratto un libro e il film.

Tutto questo per dire, Laura Mazzeri, che l’ostacolo visto nella sua complessità può apparire insormontabile, ma se preso un pezzo per volta può essere superato. Non dire mai è finita, ma tentare sempre di andare avanti fino a dove potremmo arrivare.

L’esperienza che ha vissuto sulla propria pelle è stata un’esperienza che l’ha portata ad ammettere che non ci salviamo da soli, chi ci aiuta a stare al mondo sono le relazioni con gli altri. Quando lei si è trovata ad affrontare una situazione ai suoi occhi quasi impossibile da superare, ha avuto la fortuna di essersi ritrovata ad avere accanto familiari, amici e conoscenti che l’hanno sostenuta nel suo percorso.

Dopo che la malattia l’aveva costretta ad allontanarsi dal ruolo d’insegnante, il desiderio insito nel suo animo era quello di scrivere ma non sapeva come fare, e così il padre di un suo alunno, che è un informatico, le ha fatto aprire un blog dove lei ha potuto scrivere e pubblicare articoli. Articoli su cui spiegava la propria malattia, le sue cure, quello che faceva, arrivando così a creare – a poco a poco – una rete di utenti interessati anche loro a raccontare le proprie situazioni.

Ecco così che il blog – ha sostenuto lei stessa – può essere paragonato al primo passo che l’alpinista ha fatto per raggiungere la bocca del crepaccio; perché tutto questo è stato utile per stare nelle vita, in quanto fintantoché siamo nella vita siamo vivi. Sono state queste le parole della nostra scrittrice.

Il lavoro di Laura Mazzeri nel suo libro, oltre a spiegare l’importanza fondamentale della donazione, ha affrontato un aspetto psicologico molto importante, quello del cambiamento. Quando una persona riceve un trapianto riceve pure un cambiamento della propria vita. Comincia una nuova vita da tenere sempre sotto controllo con un farmaci “immunosoppressori”, ovvero farmaci che regolano le difese immunitarie che andrebbero altrimenti ad attaccare l’intruso.

Nel discorso del cambiamento, il tema del camaleonte è la figura retorica che funge da filo conduttore di tutta la sua storia; e il cambiamento quindi, oltre ad essere ciò che accade all’interno di chiunque riceva un trapianto, può voler dire anche sapere accettare il prossimo. Aprirsi al prossimo senza restare sempre rigidi nelle proprie posizioni. Saper comprendere chi abbiamo davanti, senza pregiudizi nei suoi riguardi.

Un’altra testimonianza piuttosto toccante è arrivata anche dalla dirigente area servizi alla persona, Roberta Chiti, che, profondamente commossa, ha raccontato una situazione completamente opposta a quella accaduta a Laura Mazzeri. Si è trovata, infatti, nella condizione di dover prendere in pochissimo tempo la decisione di permettere l’esportazione degli organi di sua madre oramai deceduta; e l’immediato consenso suo e di altri familiari ha permesso a una persona di 57 anni di continuare a vivere.

Chiunque nasce e poi cresce cerca sempre di trovare un modo per dare un senso alla propria vita, ma diventare donatore di organi può significare anche dare un senso alla propria morte andando a salvare altre vite.