LA CULTURA DEL DONARE, A.I.D.O. (ASSOCIAZIONE ITALIANA DONATORI DI ORGANI) IL VALORE DELLA DONAZIONE

di Roberto Fiordi

Il volontariato è un’opera di aiuto verso il prossimo, compiuta essenzialmente da singoli soggetti, o da associazioni organizzate, unicamente per  ragioni vere di altruismo e di profonda generosità. Non vi sono alla base fini lucrosi, ma quella forma di divinità che è presente nell’essere umano: e l’espressione divinità – in questo caso – non è un epiteto da considerarsi nel suo significato trascendentale, ma essenzialmente umano, per significare la bontà d’animo che c’è in ognuno di noi.

Parlare di associazioni vuole dire parlare anche di AIDO, un’associazione nata allo scopo volontario di donare, in caso di morte, organi, tessuti e cellule, nel tentativo di salvare altre vite in pericolo. E la missione dell’Aido è proprio quella di promuovere la cultura della donazione, dietro a un sano principio di solidarietà sociale, sanitario e personale.

La storia dell’Associazione ci riporta alla data della sua fondazione, ovvero al 26 febbraio del 1973, ma l’origine primordiale risale al 14 novembre 1971, a quando cioè, a Bergamo, su iniziativa di Giorgio Brumat, fu fondata quella che fu battezzata con il nome di DOB (Donatori Organi Bergamaschi). Se anche tale associazione nacque inizialmente come un’espressione di carattere solo cittadino, ben presto si vide arrivare moltissime adesioni da qualsiasi parte della Penisola, e pertanto, nel giro di poco più di un anno, fu costretta a trasformarsi da realtà locale in Associazione a livello Nazionale (AIDO).

In Italia, a quell’epoca, la medicina dei trapianti era un po’ indietro rispetto ad altri paesi nel mondo, si limitava, infatti, soltanto al trapianto del rene quando da altre parti erano già stati effettuati altri trapianti come quello del cuore e quello del fegato. Ma l’urgenza delle donazioni si ampliò notevolmente, tanto che i soggetti nefropatici si trovavano di fronte a serie problematiche per assoggettarsi alla emodialisi, che era l’unico trattamento possibile.

Tuttavia, le origini delle donazioni hanno una data molto remota. Si racconta che la nascita dei trapianti risalga addirittura al III secolo d.C., quando i santi Cosma e Damiano, conosciuti anche come santi medici, ritenuti dalla tradizione due fratelli di origine araba, e venerati da tutte le Chiese cristiane, abbiano sostituito, miracolosamente, la gamba andata in cancrena del loro sacrestano con quella di un uomo deceduto poco prima.

Dal punto di vista scientifico, invece, la storia dei trapianti è molto più recente, viene datata infatti 1902, quando il medico chirurgo Alexis Carrel, mise a punto la cosiddetta tecnica anastomosi, ovvero quella tecnica di comunicazione e saturazione di due vasi sanguigni, che sarà la base essenziale su cui verranno attuati poi i primi trapianti di rene.

E i primi trapianti di rene furono effettuati con organi provenienti da animali sani e trapiantati in pazienti con gravi insufficienze renali. La tecnica dei trapianti si dimostrò subito efficace perché, se pur breve era stata la ripresa funzionale di questi organi, ma ciò aveva permesso agli studiosi di capire l’esistente possibilità di sostituire un organo malato con un altro sano.

Il problema vero e proprio che all’epoca i medici riscontrarono fu quello del rigetto d’origine immunologica, e cioè il rifiuto dell’organismo trapiantato di tessuti e organi estranei. Ancora la medicina non disponeva di farmaci immunosoppressori e perciò il rifiuto risultava un fattore determinante per l’insuccesso del trapianto. 

Ma le ricerche andarono avanti, e il primo vero e proprio trapianto avvenne a Boston nel 1954. Il chirurgo Murray eseguì un trapianto di rene esportato da un donatore ancora in vita, consanguineo e geneticamente identico al ricevente, e la particolarità sta pure sul fatto che il donatore fosse una persona in vita.

Nove anni dopo, sempre negli Stati Uniti, a Denver, fu eseguito dal dottor Starzl, il primo trapianto di fegato su un bambino di appena due anni; mentre quello del cuore fu effettuato nel 1967 a Città del Capo, in Sudafrica, dal professor Barnard.

Ma nonostante i notevoli progressi da parte della chirurgia dei trapianti, i risultati ottenuti, per circa trent’anni furono insoddisfacenti: solo il 30% dei pazienti sottoposti a questi interventi ce la faceva a sopravvivere per più di un anno; fino a che nel 1972, il ricercatore belga Jean Francois Borel, trasferitosi in Svizzera, non fece la scoperta di un farmaco immunosoppressore, la Ciclosporina; che fu in grado di modificare le capacità di successo del trapianto, passando dal 30% al 70%. E ancora oggi la medicina dei trapianti è in piena evoluzione.

Rendersi utili agli altri vuole dire aiutare sé stessi. Ognuno di noi nella vita ha bisogno dell’altro e anche l’altro ha bisogno di noi, dunque perché non renderci indispensabili ad aiutare chi si trova in pericolo di vita quando oramai la nostra ci ha già abbandonato?

Questo è un messaggio importante che l’associazione AIDO vorrebbe condividere con le persone. L’importanza cioè che ognuno di noi abbia la forza e il coraggio di guardarsi dentro per scoprisse la volontà del proprio animo. Concepire, altresì, il valore della propria morte, che non resterebbe più solo un fatto fine a sé stesso.

L’Aido chiede ad ognuno di noi di fare una profonda riflessione  su certi valori.