FISCO MENO RAPACE, ALLENTA GLI ARTIGLI SUI CONTI CORRENTI.

di Roberto Fiordi

Dopo aver dato il goodbye a Equitalia e il successivo wellcome all’Agenzia delle Entrate-Riscossioni il 1° luglio 2017, sono stati affidati al nuovo ente maggiori poteri rispetto al precedente. Il Fisco oggi ha la possibilità di procedere al pignoramento dei conti corrente in modo diretto, senza attendere l’autorizzazione del giudice. La nuova agenzia è subentrata alla prima nel sistema tributario in maniera decisamente più aggressiva per quanto riguarda le procedure da adottare per il recupero crediti, ma  pare che oggi abbia allentato la presa sui controlli dei conti stessi.

 

All’Agenzia delle Entrate-Riscossioni, partorita dalla fusione fra l’agenzia di accertamento e la società della riscossione, spetta oggi la facoltà di accedere ai dati dell’Anagrafe Tributaria di chiunque, e di procedere al pignoramento del conto corrente in modo diretto, senza chiedere l’autorizzazione del giudice, nei confronti degli inadempienti; sennonché avrà accesso persino alla banca dati dell’INPS per poter procedere a un eventuale pignoramento dello stipendio, della pensione, eccetera.

Il Fisco pare comunque oggi avere allentato la presa sui conti corrente, tanto che nel 2016 gli accertamenti in banca sono scesi del 43,9% rispetto all’anno precedente; e se la stima volessimo riportarla ai numeri naturali parleremmo di 2.773 controlli rispetto ai 5.426 del 2015. Il rapporto si fa ancora più largo se il riferimento lo facessimo in relazione a 5 anni fa. I dati, infatti, registrerebbero un calo dell’86,7%: dagli 11.872 ai 2773.

L’ipotesi più accreditata è quella che il timore di maggiori controlli possa aver portato contribuenti e aziende a collaborare di più con il Fisco. E sicuramente un merito molto importante in tutto ciò va riconosciuto al nuovo sistema assunto dall’Agenzia delle Entrate che notifica con avvisi i probabili “errori” commessi dal contribuente. Ciò ha permesso, infatti, nel corso degli anni, di aumentare il ritorno dei proventi mancanti, riducendo così i dovuti accertamenti.

Un contributo molto importante per l’ottenimento di tali risultati sembra lo abbia prodotto anche il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (PA). Un traguardo al quanto considerevole sembra infatti sia quello di aver raggiunto un sistema in grado di monitorare contemporaneamente i dati dei consumatori e quelli dei servizi.

Un sistema che pare abbia fatto in modo di concedere fiducia persino ai contribuenti stessi, al punto di spingerli a collaborare volontariamente con l’Agenzia delle Entrate.

Più scettico pare sia, però, l’ex sindaco di Rimini, Alberto Ravaioli, che pur ammettendo la funzionalità del processo di digitalizzazione della PA, a Investireoggi.it ci tiene a puntualizzare che sui 19 miliardi di euro recuperati dal Fisco nel 2016, circa 14 miliardi derivano da saldi di errori o dimenticanze da parte dei contribuenti; ma se a questi miliardi si vanno ad aggiungere gli altri 4,1 derivanti dalla cosiddetta voluntary disclosure, ovvero la   “collaborazione volontaria” nel far rientrare i capitali dall’estero, resta scarsissimo o sterile il contributo da parte dei grandi evasori o di coloro che risultano sconosciuti al Fisco.